da Milano
La norma era stata varata sullonda emotiva delle inchieste sulle intercettazioni abusive. «Lautorità giudiziaria - recita larticolo 240 del codice di procedura penale, modificato dal decreto legge 259 del 22 settembre 2006 - dispone limmediata distruzione dei documenti \ e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. \ Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi». Ora, su quella norma viene sollevata la questione di costituzionalità. E a farlo è lo stesso Giuseppe Gennari, il giudice milanese che ha in carico proprio lindagine sui dossier illegali (e non intercettazioni, come erroneamente aveva immaginato in un primo momento il legislatore) raccolti allombra di Telecom. Perché, è il senso dellordinanza che sarà trasmessa alla suprema Corte, distruggere quei dossier equivale a distruggere delle prove essenziali.
La decisione è stata presa dopo che lo scorso 2 marzo la Procura di Milano, lavvocato Piero Plastina (il legale di Fabio Ghioni), e alcune delle parti offese avevano sollevato la questione della legittimità costituzionale della norma sulle intercettazioni abusive. E Gennari, rinviando la questione agli ermellini, sottolinea come la legge contraddica «altri diritti di massimo rango» sanciti dalla Carta. In breve, il «giusto processo».
Innanzitutto, i «diritti soggettivi delle parti offese» (articolo 24 della Costituzione, primo comma). «Chi si dice danneggiato dalla illegale raccolta di informazioni - scrive Gennari - deve poter dimostrare che cosa è stato raccolto e quali pregiudizi egli ha subito dalla non consentita propalazione di quelle notizie. Ma limmediata distruzione del documento \ priva la parte interessata della possibilità di spendere questo dato fondamentale nel successivo giudizio civile o nella azione esercitata in seno al giudizio penale per il risarcimento del danno». «In una parola - conclude il gip - la vittima della raccolta illegale di informazioni non potrà mai mostrare davanti al suo giudice il contenuto delle informazioni che lo riguardano».
In secondo luogo, il «diritto alla difesa». Secondo il giudice, «nel momento in cui il contenuto del documento, a seguito della distruzione, scompare per sempre dal processo», questo «non potrà più essere oggetto di prova o interlocuzione da parte dellindagato». Il quale, quindi, «non potrà contestare la natura delle informazioni riportate nel documento stesso».
Infine, «lobbligatorietà dellazione penale» (articolo 112 della Costituzione).
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