di Tony Damascelli
Il problema non è Lionel Messi. Nemmeno Zlatan Ibrahimovic. Il problema, improvvisamente, è diventato Gerard Bernabeu Piqué, di anni ventitré, catalano verace che significa molte cose in Spagna. Significa, ad esempio, che esiste anche una nazionale di quella terra, esiste una lingua di quella gente, esiste un modo altro di intendere la vita e pure il calcio, per opposizione a Madrid e al resto del Paese. Barcellona non è soltanto una squadra di calcio, sta scritto sulle poltroncine del Camp Nou, è mas que un club. Piqué ha avuto lardire di pronunciare una frase terribile, secondo le anime pie del giornalismo italiano in testa il Corriere della Sera: «Que odien ser futbolista» indirizzato agli avversari interisti di stasera. Roba grossa, pesantissima, una dichiarazione di guerra, odiosa. Balle stratosferiche, basterebbe informarsi con uno che ha giocato con la maglietta del Barcellona e pure con quella dellInter, con uno che ha vinto trofei illustri, personali e di squadra, con uno che né il Barcellona, né lInter hanno pensato di invitare allevento del secolo. Il calcio di oggi è questo, cafone, senza memoria e riconoscenza, capace di dimenticare il passato e far finta di pensare al futuro, cercando di trascurare il presente.
Dunque basta chiedere, conoscere, sapere, apprendere: non cè odio ma soltanto la voglia pazza di andare a Madrid, in casa del Real già sconfitto in campionato ed eliminato dalla Champions, celebrare al Santiago Bernabeu unaltra coppa, alzarla davanti alla tribuna occupata di solito da Florentino Perez e dagli altri papaveri delle merengues. LInter non centra, o meglio centra perché le ha suonate, e bene, a Milano sulla pelle dei campioni di tutto e, allora, i catalani hanno voglia di vendere cara la pelle, come hanno scritto sulle magliette indossate al termine della partita con lo Xerez, chiedono a tutta Barcellona e al resto della tifoseria blaugrana, di raggrumarsi nello stadio, attorno alla squadra per questo evento che non è epocale perché coinvolge lInter ma perché è lultima stazione per Madrid. La designazione dellarbitro belga diventa un asterisco, una nota a margine, il pudore inviterebbe a trascurare il fatto, visti i precedenti con il Chelsea e lo stesso Barcellona.
Ma noi italiani siamo fatti così, la filosofia del chiagne e fotte ci accompagna da sempre, dovunque e comunque. Calcio compreso.
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