Cronache

La regione dalle uova d’oro: "regala" 20 miliardi di tasse

Imprenditori e artigiani esasperati: "Teniamo quei soldi per noi"

Neanche un mese fa Matteo Renzi aveva scelto la scuola media «Luigi Coletti» di Treviso per fare la sua prima passerella da presidente del Consiglio. «È stato commovente - disse il premier fiorentino - cantare tutti insieme, con la banda della scuola e i ministri Poletti e Giannini, l'inno nazionale».

Ma nel Veneto che lavora e produce, quello delle piccole imprese che hanno fatto la fortuna di un modello studiato anche all'estero, c'è poco da commuoversi. Dai dati di Unioncamere Veneto vien fuori che nel 2013 risultano attive 8.200 imprese in meno. Come se non bastasse i commercialisti sono subissati di richieste da parte di questi piccoli imprenditori: «Come si fa a spostare l'azienda all'estero? È vero che in Carinzia pago il 25 per cento di imposta? Se è così, ditemi come si fa a delocalizzare».

Non a caso il substrato del movimento plebiscito.eu, guidato da Gianluca Busato, è formato proprio da imprenditori che vedono il governo centrale come la corda che li sta impiccando. E poiché da queste parti l'operaio mangia allo stesso tavolo del titolare dell'impresa che, mediamente, ha cinque o sei addetti, ecco spiegata l'adunata popolare che l'altra sera in piazza dei Signori a Treviso ha dichiarato l'indipendenza del Veneto.

Non è solo la pressione fiscale notevolmente inferiore ad indurre eccellenti realtà produttive venete a delocalizzare al di là del confine, ma anche la chiarezza delle regole che in Italia resta una chimera. La burocrazia italiota è diventato un moloch contro cui è impossibile vincere. E infatti perdono tutti. Nel rapporto stilato dall'ufficio studi di Unioncamere Veneto un paio di anni fa, emerge che il fisco centrale preleva in media ogni anno dal Veneto circa 70 miliardi di euro l'anno, per poi restituirne, sotto forma di servizi, una cinquantina. Il saldo negativo è di 20 miliardi «regalati» all'Italia. Matematicamente parlando, vuol dire che ogni cittadino veneto lascia quasi quattromila euro l'anno alla solidarietà nazionale: se quei 20 miliardi restassero qui, è il ragionamento degli indipendentisti, si potrebbero ridurre le tasse e migliorare la qualità dei servizi. Lo standard della Germania non sarebbe così lontano. Sempre Unioncamere ha fatto il conto di quanto il Veneto ha lasciato allo Stato nel decennio che va dal 2001 al 2010 senza ricevere nulla in cambio: 166 miliardi. Sono numeri impressionati che, in tempi di carestia come questo, fanno ancora più arrabbiare il già inferocito popolo delle partite Iva.

La recessione globale fa il resto. Nello stesso decennio un distretto di eccellenza come quello orafo di Vicenza ha perso per strada molti dei propri addetti (al ritmo di 300 all'anno) e, complice uno scarso appoggio dello Stato, ora soffre tremendamente la competizione internazionale a causa dei dazi doganali che ammazzano la produzione italiana e favoriscono quella di altri paesi. Poi succede che la creatività dei gioiellieri è talmente originale che, in molti casi, riesce a vincere comunque, ma questo è un altro discorso che non può diventare la regola. E il distretto è diventato simile alle trincee della Grande Guerra: i soldati-imprenditori cadono falciati dalle raffiche dell'Agenzia delle entrate.

A ogni assemblea territoriale di Confindustria, fino a un paio di anni fa, il tema principe era il federalismo fiscale. Stanchi di subire il sacco del nord, per citare un fortunato saggio di Luca Ricolfi, gli imprenditori veneti battevano il tasto su una maggiore responsabilità nella gestione della spesa pubblica auspicando un collegamento più chiaro tra imposte e servizi ricevuti. Poi è arrivato Mario Monti e il federalismo fiscale è stato archiviato brutalmente. Ci hanno pensato i venetisti a tirarlo fuori e a trasformarlo in dichiarazione d'indipendenza.

L'assessore regionale al Bilancio, il leghista Roberto Ciambetti, cerca di recuperare il terreno (l'anno prossimo ci sono le elezioni regionali) e critica ferocemente i tagli di spesa previsti dal governo al capitolo sicurezza: «Un carabiniere costa in media 69 euro in Veneto e 176 euro in Molise - anziché tagliare caserme e commissariati, cominciamo dalle prefetture».

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