«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Dopo la prima notte in carcere «tranquilla», l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola, detenuto con altri 40 pregiudicati nella V sezione di regina Coeli per detenuti non pericolosi («Assurdo e umiliante incarcerarlo», dice in serata Silvio Berlusconi) prepara le armi per la sua difesa dopo l'accusa di «procurata inosservanza di pena» per aver tentato, secondo i pm antimafia di Reggio Calabria, di organizzare un esilio dorato a Amedeo Matacena, ex deputato di Forza Italia condannato per concorso esterno in associazione mafiosa che fa sapere di sentirsi turbato («Dimostrerò la mia innocenza, sono amareggiato per Claudio. Lo conosco da 20 anni»). Prima gli avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito vogliono vedere bene le carte: «Abbiamo consigliato a Scajola di non rispondere al gip, vogliamo concordare con i pm Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio un interrogatorio per la prossima settimana» che si dovrebbe tenere alla Dna di Roma davanti al procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho.
Anche Chiara Rizzo vuole difendersi dalle accuse dei pm reggini. La moglie di Matacena, che con Scajola avrebbe orchestrato la fuga dell'ex deputato azzurro, rimasto a Dubai in attesa dell'estradizione per il nuovo reato (intestazione fittizia di beni alla compagna e a due prestanome) potrebbe consegnarsi già oggi: «Io non c'entro, sto tornando in Italia da un viaggio programmato. Voglio riabbracciare i miei figli e chiarire tutto», ha detto all'Ansa. Alcune intercettazioni con l'ex ministro Scajola pubblicate dal sito di gossip Dagospia lascerebbero intendere che «oltre ai contatti costanti» tra Scajola e la Rizzo, difesa dagli avvocati Candido Bonaventura e Carlo Biondi, e oltre alle «cointeressenze economiche» di cui parla il Gip ci fosse qualcosa di più di un'amicizia. In una conversazione tra i due, beccati durante il pedinamento insieme in aeroporto a Fiumicino, la donna si lascia sfuggire una confidenza intima («Devo comprarmi gli asso...», presumibilmente gli assorbenti, ndr) mentre lui si sfoga sulle sue disavventure elettorali («Ho chiuso con la politica», «Poi me ne parli di persona») fino all'episodio della riunione d'affari della donna in Brianza, che Scajola preleva a Ventimiglia, accompagna personalmente con la sua Alfa 159, aspetta in macchina (per molte ore) e riaccompagna in Costa Azzurra. Nei guai finisce anche la scorta di Scajola. La segretaria dell'ex ministro chiede lumi sui suoi spostamenti, ma la preoccupazione di Scajola sembra una sola: quella di non far sapere nulla alla consorte («Tanto, non lo sa mia moglie... basta che lo tengano riservato»).
Ma per il Gip dalle intercettazioni «emerge con maggiore spregiudicatezza l'uso improprio del personale di scorta», che va all'estero «ma senza gli attrezzi (presumibilmente le armi, ndr)» per prendere la Rizzo oltre confine, mentre un agente tenta (invano) di risalire al proprietario per farle un favore. Intanto continua la caccia alle prove dei rapporti tra Scajola e la presunta Spectre in odor di 'ndrangheta che avrebbe dovuto garantire a Matacena la fuga in Libano. Il Gip ha respinto l'aggravante mafiosa ma è già pronto il ricorso al Riesame. Per i magistrati «Scajola era in pole position per rendere laboriosa l'estradizione di Matacena» attraverso personaggi esteri di rango istituzionale.
Quali? Non l'ex presidente libanese Amin Gemayel, che ieri ha smentito le pressioni di Vincenzo Speziali, nipote omonimo di un ex senatore calabrese di Forza Italia, sposato con una donna libanese (non imparentata con Gemayel) e molto amico di Scajola. Le prove sarebbero in un foglio «scritto in lingua straniera» sequestrato a Genova a casa di Scajola. «La perquisizione alla quale abbiamo assistito ha dato esito negativo», è la replica dei legali. Chi ha ragione?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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