Il fascino (in)discreto del potere

Mario Monti è solo l'ultimo dei politici che alla domanda "Quando avrai finito la tua attività di ministro o primo ministro cosa farai?" hanno risposto "tornerò a insegnare"

Mario Monti è solo l'ultimo dei politici che alla domanda «Quando avrai finito la tua attività di ministro o primo ministro cosa farai?» hanno risposto «tornerò a insegnare». Ma, salvo eccezioni, nessuno è tornato a farlo. Perché, dopo avere sperimentato il potere non riescono più a farne a meno. Il potere agisce come una droga.

Vediamo in questi giorni politici decrepiti che cercano di farsi eleggere ancora una volta. Se li interrogate vi rispondono che lo fanno perché pensano di essere utili alla società. In realtà lo fanno perché se non venissero eletti, si sentirebbero insignificanti, privi di valore. Essi sanno di valere solo perché la gente si inchina davanti a loro, perché girano con la scorta, perché i soldati scattano sull'attenti.

Ma per capire veramente il fascino del potere bisogna ricordare cos'è nella sua essenza e la sua miglior definizione è questa: «Quando i desideri e i bisogni degli uomini dipendono dalle decisioni di qualcuno noi diciamo che costui ha potere sui primi».

Il potere non è perciò poter fare cio che si vuole, ma poter decidere il destino di tante persone che ti guardano timorose e adoranti perché tu puoi renderle ricche o povere, felici o infelici, potenti o miserabili. Esse ti avvicinano come ci si avvicina al sacro. «Sacra maestà» veniva chiamato il re, ma ancor oggi il politico ha qualcosa di sacro. Infatti nel momento stesso in cui è nominato ministro o presidente diventa inaccessibile ai comuni mortali, solo i suoi pari grado hanno diritto di telefonargli, di vederlo, di parlargli. Gli altri no. Diventati così lontanissimi dal volgo si sentono membri di una razza superiore con il diritto di restare sempre al potere. E infatti in un modo o nell'altro non escono più dal giro, ottengono sempre un'altra carica, sono diventati parte della casta.

Eppure ci sono anche dei casi in cui uno rifiuta una carica, rinuncia

al potere. Questo avviene solo quando pensa di fare qualcosa di più importante. Se a Michelangelo il Papa avesse offerto di fare il cardinale, gli avrebbe risposto di no perché era troppo occupato con la cappella Sistina.

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