«Arrendetevi! Siete circondati!», urlava Grillo fino a qualche giorno fa. Ieri, davanti a Palazzo Chigi, qualcuno ha sparato contro due carabinieri e una donna incinta di passaggio. Luigi Preiti, un disoccupato, un disperato, in realtà avrebbe voluto colpire dei politici. Lo ha confermato lui stesso, parlando con il magistrato inquirente. I più svelti a condannare l'attentato sono stati i due capigruppo pentastellati, Vito Crimi e Roberta Lombardi, «in un comunicato congiunto». Lo Sciamano capostipite del movimento, invece, ha fulmineamente scritto sul suo blog: «Ci discostiamo da questa onda che spero finisca lì perché il nostro movimento non è assolutamente violento».
Già: l'onda. O lo tsunami (tour): difficile fermarlo, adesso. L'odio è un treno in corsa. Un bolide che sferraglia. Lanciato da una campagna che dura da mesi, anni. Qualche sera fa, per stare all'oggi, c'era d'aver paura a vedere certi volti esagitati ripresi da Servizio pubblico. «O la piazza o il Re», s'intitolava. Il re era Napolitano. Le telecamere mostravano gente che piangeva disperata perché non era stato eletto Rodotà, sicura che lo voleva «tutto il popolo italiano». Quattromilaseicento click su un totale di 28mila votanti delle Quirinarie. L'ideologia della Rete è puro illusionismo, una dittatura potenziale. Tutto quello che viene dalla piazza, fosse anche quella virtuale, è per definizione giusto, sacrosanto. E dunque i contestatori del Colosseo sbraitavano il loro «tutti a casa». Gli altri, ça va sans dire. Come se le elezioni non fossero roba di due mesi fa. E come se l'unica situazione accettata fosse «il cento per cento» dei consensi e l'azzeramento di chi la pensa altrimenti. Che cos'è, se non questo, la campagna per l'ineleggibilità di Berlusconi?
La rapidità della dissociazione grillina dal gesto di Preiti fa pensare parecchio. Considerata l'età e nonostante il mestiere diverso dell'epoca, il leader dei Cinque Stelle dovrebbe ricordare cos'era il «brodo di coltura» nel quale maturarono gli attentati e le azioni violente degli anni di piombo. È il terreno fertile del seme della violenza. Non più tardi di una settimana fa lo Sciamano pentastellato chiamava milioni di militanti a marciare su Roma. Salvo fare dietrofront dopo l'avvertimento del ministero dell'Interno. Quel brodo è la brodaglia dell'odio e della demonizzazione dell'avversario. Quel brodo è anche il brodo di cultura della superiorità morale. «Arrendetevi! Siete circondati!» è un ultimatum mutuato dal linguaggio bellico. O dai film polizieschi, con gli agenti che assediano i criminali asserragliati. Noi della piazza siamo i buoni. I cattivi sono dentro, nel Palazzo.
Marco Travaglio, per dire, è sempre là fuori a gridare nel megafono i suoi editoriali. Da Micromega, ancor più livoroso di lui, Flores d'Arcais ordisce le campagne a lunga gittata. Poi ci sono lo scherno dell'avversario, le cadute razziste contro Brunetta di Gino Strada e Dario Fo. Le gaffe ormai difficilmente catalogabili come casuali di Lucia Annunziata. Qualche anno fa, era il dicembre 2009, uno squilibrato lanciò una statuetta della Madonnina contro Berlusconi...
Tornando al presente, l'antipolitica grillina sta lentamente degradando nel qualunquismo più becero. Difficile fare troppi distinguo quando si scrive che il nuovo governo «è un'ammucchiata degna del miglior bunga bunga». E che «mescolarsi significa sporcarsi di merda». Ora che è rimasto fuori dalla stanza dei bottoni e rischia di restarci per un po', lo Sciamano esaspera ancora i toni. E perde di vista l'ordine delle priorità. L'ostilità verso la casta precede l'impegno per la rinascita del Paese.
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