Reductio ad unum. Non interessa stabilire se è una sua colpa o un merito, ma tutto il centrodestra, si sa, oggi è ridotto al solo Berlusconi.
Lo scrivevamo da tempo, ora lo dicono tutti. La reductio ad Silvium non riguarda solo i nomi e le competizioni elettorali. Riguarda anche il modo d'essere e di pensare. Tolto Berlusconi, c'è il deserto.
Un tempo c'erano tre o quattro leader oltre Berlusconi, e almeno altrettante promesse, più vari notabili. C'era una destra nazionale e sociale e c'era una Lega vispa e ruspante, erano vivi i retaggi democristiani, craxiani, liberali. C'era un mondo. E c'era pure, benché negletta, una cultura in campo.
Mi sovvengono alcuni nomi autorevoli: Baget Bozzo, Miglio, Fisichella, Urbani, Mathieu, Melograni, Pera, Colletti, Vertone, Buttiglione, Armaroli, Malgieri, Sgarbi e altri ancora. Ora non mi sovviene nessuno. C'erano buoni sindaci e governatori. Ora c'è Lui, solo lui, più il suo delfino che svolge in modo dignitoso il ruolo di portavoce e vicepremier, ci sono i fedelissimi, poi due tre vivaci esponenti e poco altro.
Manca un progetto forte che unisca in comune sentire, manca lo scouting dei più bravi, manca il riferimento a una storia, una tradizione, una terra. Prima del voto si formò un gruppo di neomontiani, poi rientrato.
Ora c'è un gruppo di «liberali» che è solo la versione moderata dei progressisti e segue a ruota l'agenda dei suddetti, nozze gay incluse. Senza il leader, il Pdl è mucillagine.Non è una polemica e nemmeno un atto di adorazione monoteistica. È un allarme.
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