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Ecco le bugie sull'aumento dell'Iva

Altro che inevitabile, l'aumento dell'aliquota al 22% si può fermare. Vi spieghiamo come si può fare...

Ecco le bugie sull'aumento dell'Iva

Non è vero che per far fronte al rinvio dell'aumento Iva servono due miliardi per i prossimi sei mesi del 2013 e quattro nel 2014. In realtà dall'aumento dell'aliquota massima Iva dal 21 al 22%, nelle casse dello Stato entreranno, se va bene, 1,4 miliardi nel 2013; 2,8 miliardi nel 2014. Quindi si parla di un importo che, per il bilancio dello Stato, cioè per un Pil nell'ordine dei 1.500 miliardi, vale sì e no per l'un per mille. E sulla spesa pubblica, che al netto degli interessi sul debito vale circa 720 miliardi, si tratta di poco più del due per mille.

Il punto, allora, non è come coprire una mancata entrata dello Stato, come ci fanno intendere. Ma è un altro: possibile che non si possa da subito tagliare il 2% della spesa pubblica? Possibile che non si riescano a individuare, subito, sacche di inefficienza nei diversi livelli di governo centrale e locale, piuttosto che negli organi dello Stato, per fare questa operazione? Quando si è trattato di toccare le pensioni, cambiando la vita di qualche milione di italiani, il governo Monti-Fornero ci ha messo una settimana a tagliare 80 miliardi.

L'impressione, allora, è una sola: la strada dell'imposta sui consumi, l'imposta che qualcuno ha definito «diabolicamente perfetta», è semplicemente la più facile e la meno politicamente impegnativa. Bastano due righe e qualche firma. Non si tocca nessun nervo, non ci sono bacini politici da scontentare, né conventicole da irritare. E sono pure salvi anche i prossimi weekend che, dopo una primavera così inclemente, risultano più agognati che mai. Invece i dirigenti e i tecnici che dipendono dai ministeri chiave di questo governo dovrebbero mettersi ventre a terra, studiare, cercare soluzioni e nel giro dei prossimi 15 giorni partorire un decreto in due parti: nella prima un elenco di tagli immediati ed urgenti, effetto primo luglio; nella seconda un progetto a più ampio respiro di privatizzazioni e riqualificazione della spesa pubblica. Complicato? Allora aumentiamo l'Iva, che funziona sempre.

Peccato però che il conto che ci viene spacciato per buono dai più tecnici del governo Letta (il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni lo ha detto giovedì: servono 4 miliardi per l'Imu e altrettanti per l'Iva) è un'illusione, calcolata «a freddo» sulla situazione esistente: il gettito di 4 miliardi l'anno è ipotizzato applicando l'incremento dal 21 al 22% alla fotografia esistente dei consumi. In realtà, come ci dice per esempio l'ufficio studi di Confcommercio, sulla base delle serie storiche passate (compreso l'ultimo aumento 20-21% dell'ottobre 2011), un punto in più di Iva sui consumi produce un effetto inflazione dello 0,8% di cui tenere conto (quello che oggi paghiamo 121, domani passa a 122: +0,82%). Calcolando che l'aliquota in questione riguarda direttamente il 50% di beni e servizi, lo scalino si dimezza allo 0,4%. È comunque una stima per difetto, perché anche il restante 50% utilizza nella propria filiera produttiva beni intermedi con l'aliquota massima. Ma restiamo prudenti: è intuitivo che il solo 0,4% di aumento dei prezzi, a parità di reddito e dunque di spesa, si traduce in un calo dei consumi (la «base imponibile» dell'Iva). L'effetto gettito-Iva stimato è su un calo di almeno il 10% rispetto alla fotografia attuale. Quindi i 4 miliardi previsti di nuove entrate scendono a 3,6. Ma non finisce qui.

Il calo dei consumi, infatti, si riflette sull'intero sistema produttivo e occupazionale. Sul Pil. È quello che gli economisti chiamano «effetto di secondo livello». Una sorta di virus che, entrato nel sistema, si diffonde indebolendolo in più punti. E creando un effetto di moltiplicazione (negativo) che a sua volta produce un calo delle entrate fiscali dello Stato. Anche in questo caso il meccanismo è intuitivo, e i calcoli delle minori entrate per le casse dello Stato arrivano fino al doppio di quelli legati all'aumento dell'inflazione. Così i 3,6 miliardi si riducono, indirettamente, a soli 2,8. Ecco quale sarà il gettito su base annua di questa operazione. Per i sei mesi del 2013 sono 1,4 miliardi.
Non riuscire a dribblare l'ostacolo pare francamente difficile da spiegare. Anche perché - e pure questo concetto è intuitivo - l'Iva resta oltre che la più diabolica, anche la più regressiva delle tasse: il gettito extra che produce un suo aumento deriva in proporzione maggiore dai redditi bassi che da quelli più alti. Anche per questo è il provvedimento più facile e veloce che ci sia. E funziona.

Male, ma funziona.

 

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