Per chiudere in bellezza e andare in ferie, il Parlamento non ha votato la legge contro il finanziamento pubblico dei partiti ma ha offerto al gentile pubblico un gustoso spettacolo di cabaret in vernacolo napoletano. Animatrice al Senato è stata Alessandra Mussolini nell'imitazione colorita del giudice Totò Esposito, subito redarguita per il suo dialetto, offensivo per l'Italia e la Padania. Mutando l'Aula sorda e grigia in vispa e caciarona, ha recitato la sigla di chiusura.
La Mussolini reagisce con allegria a un destino assurdo: è l'unica nipote al mondo che se ricorda con affetto suo nonno compie un reato. Passano i secoli ma fa sempre impressione la Mussolini: è come se avessero impiantato il software di Sophia Loren sull'hardware del Duce. O, per dirla in modo più greve, le tette della zia sul virile petto del nonno. Sgomenta la somiglianza col nonno perché sembra il Duce che si è fatto trans; ti aspetti che s'affacci da Palazzo Venezia con i pugni sui fianchi e poi faccia 'a mossa. Benì Tirabusciò. Desta qualche divertito sconcerto la napoletanizzazione del fascismo ad opera della nipota simbaticona. Meglio vivere un giorno da babà che cento da sfogliatella... I vecchi marxisti avrebbero detto che la storia si presenta la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.
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