Pare di sentirle le prefiche della sventura morale. Già intonano il loro canto: è l'ultimo abisso della corruzione capitalistica che getta la sua ombra sulla purezza dello sport. L'ultimo profanatore di De Coubertin è Arian Foster, un ragazzone afroamericano che di mestiere corre come un dannato, cercando di schivare altri energumeni sui campi di football americano.
Ma la mossa più furba il running back degli Houston Texans la sta mettendo a segno fuori dagli stadi: tutta l'America parla di lui dopo l'annuncio che sarà il primo «atleta per azioni» della storia. L'impresa sportiva della sua vita sta per diventare un'impresa quotata in Borsa, una SpA umana. In fondo non ripetiamo tutti che certi atleti sono macchine da soldi? Qualche uomo d'affari pieno di inventiva ha preso l'affermazione alla lettera e ha lanciato il business. Il veicolo per la quotazione sarà una società, la Fantex, specializzata nella promozione di «brand», tradotto: lustrano la fama dei famosi e inventano modi per tradurla in moneta. L'azienda creerà una società il cui unico asset saranno le prestazioni e i guadagni di Arian Foster, già oggi uno dei giocatori più pagati del campionato Nfl, perlomeno nel suo ruolo, che si caratterizza proprio per le lunghe corse in direzione della linea di meta. Foster in due delle ultime tre stagioni ha figurato nell'Olimpo dei running back, con oltre 1.000 yard a stagione corse con la palla ovale sotto braccio. Belloccio, prestante, con il capello rasato artisticamente alla Balotelli, Foster non è la star più brillante della lega, ma è certamente uno che sa far parlare di sé con i risultati e fuori dal campo, riuscendo così a diventare un beniamino dei tifosi di Houston. Basterà come premessa per tentare l'avventura di quotare in Borsa i suoi muscoli? In realtà lo sbarco non avverrà a Wall Street, la Fantex creerà un apposito mercato delle «azioni atletiche», basato su un complesso algoritmo che terrà conto delle sue prestazioni in campo, di eventuali miglioramenti nel suo contratto, della firma di accordi con nuovi sponsor.
La società emetterà azioni da 10 dollari ciascuna per un totale di 10,5 milioni di dollari che i fan potranno acquistare. Dieci milioni finiranno in tasca a Foster, il restante è la commissione per la Fantex. In cambio, il giocatore si impegna a cedere alla società, e quindi ai suoi azionisti, il 20 per cento di tutti i suoi introiti futuri. L'ultimo contratto quinquennale firmato con gli Houston valeva 43 milioni di dollari, ma gliene restano da incassare solo 21. Gli analisti hanno già fatto i conti: a Foster il giochino sarà convenuto se nei prossimi anni guadagnerà meno di 50 milioni di dollari.
E c'è chi dice che il tempismo della quotazione sia perfetto, perché Foster ha 27 anni e il suo contratto scadrà alla soglia dei 30, quando continuare a correre a quel livello sarà più difficile. La Fantex è stata chiara nei prospetti informativi: «Questo è un investimento ad alto rischio». Ma chiedetelo a migliaia di risparmiatori ipnotizzati anche da Ipo italiane meno fantasiose di questa e rivelatesi poi fregature: i documenti informativi sono una lettura noiosa e complicata. Soprattutto quando il pubblico è composto più da ultrà interessati a quante mete segnerà il proprio idolo che da avveduti risparmiatori attenti alle percentuali. In fondo, per uno juventino possedere un pezzo di Tevez o per un interista un 10 per cento di Milito è pur sempre un'idea con un fondo di romanticismo. Ma non è difficile capire quali incognite gravino sulle «azioni atletiche». A 27 anni, un atleta che passa la vita tra inseguimenti e placcaggi rischia innanzitutto per gli infortuni. In caso, il titolo verrebbe sospeso in Borsa? E poi c'è sempre la possibilità che la squadra attraversi un'annata storta. E cosa dovrebbe fare la Consob americana, bloccare le indiscrezioni sul footballmercato o sullo stato di salute pubblicate dalla «Gazzetta» di Houston, trattarle come pericolose turbative del mercato? Domanda che in realtà si potrebbe estendere alle quotazioni delle squadre di calcio, che presentano altrettanti dubbi, ma sono state allegramente consentite.
Piuttosto c'è da chiedersi se la quotazione umana abbia un futuro anche in altri campi: le azioni di un archistar, di un ricercatore. E magari potremmo scoprire che in fondo è la frontiera ultima della meritocrazia. Chi crede in me, mi compri.
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