Cronache

Il vizio italiano di buttare tutto in razzismo

Sulla vicenda di Joele Leotta il solito teatrino della retorica

Il vizio italiano di buttare tutto in razzismo

La vicenda di Joele Leotta, 19 anni, partito dalla provincia di Lecco per lavorare e studiare l'inglese nel Kent, e morto di botte una settimana dopo, ha sconvolto e commosso l'opinione pubblica. La storia si commenta da sé e parlarne comporta il rischio di avvolgerla nella retorica, ciò di cui non si sente il bisogno in un momento nel quale il traffico di luoghi comuni è già intenso.

Fra l'altro non si sa ancora bene che cosa sia successo e perché. Martedì era stata avanzata come probabile l'ipotesi che il ragazzo fosse stato ucciso da una banda di lituani che lo accusava di rubarle il lavoro.

Assurdo, dato che gli stessi lituani eventualmente sono da considerarsi «ladri» di manodopera ai danni degli inglesi. Vabbè, sorvoliamo su questi dettagli che poco aggiungono e nulla tolgono alla gravità dell'accaduto.
Ieri gli inquirenti hanno aggiustato il tiro: affermano che il gruppo di giovanotti picchiatori fosse carico di alcol e che, per motivi imprecisati, sia venuto alle mani con Joele e il suo amico. Quest'ultimi, non fosse che per inferiorità numerica, sarebbero stati sopraffatti nel modo che sappiamo. Leotta non è sopravvissuto ai calci e ai pugni. In sostanza non si tratterebbe di delitto a sfondo razziale, anche se si ignora quale sia stato davvero il movente. L'eccesso di libagioni è una spiegazione deboluccia. Intanto proseguono gli accertamenti, gli interrogatori. Staremo a vedere. Se ci saranno novità le riferiremo.

Per ora accontentiamoci di una riflessione amara. Se l'aggressione e l'omicidio fossero avvenuti non in Inghilterra, ma in Italia, e se la vittima fosse stata non un connazionale, ma un pizzaiolo egiziano, avremmo assistito alla fine del mondo. Immaginate le polemiche, gli interventi dei politici, le proposte di legge in difesa degli immigrati, le richieste di inasprimento delle pene, le marce antirazziste, le dita puntate contro le destre fomentatrici di odio. Qualcuno avrebbe di sicuro gridato: ecco dove ci hanno portato vent'anni di berlusconismo. Invece lassù, nel Kent, nessuno ha fatto una piega o si è sbilanciato: la polizia indaga e la magistratura si riserva di analizzare le carte, e di sentire i testimoni e i sospettati; poi deciderà. Qui da noi, pur in assenza di conferme, si è partiti lancia in resta persuasi che si tratti di vile agguato razzista. E giù con il solito piagnisteo finto buonista che tende a buttare tutto in politica e in sociologismi d'accatto.

Ancora oscura era la dinamica dell'assassinio, si ignoravano i contorni dell'episodio e ciò che lo aveva trasformato in tragedia, ma le cronache, senza farsi carico di un dubbio, riferivano: sentimento anti italiano, guerra tra poveri. Perché tanta fretta e zero scrupoli nell'interpretazione di una notizia? Semplice. Dire e scrivere che la disoccupazione giovanile impone a vari ragazzi di abbandonare la famiglia e di emigrare al Nord, rischiando la pelle, si adatta perfettamente al copione politico in voga per convincere i ventenni e i trentenni che il loro futuro sarà radioso se voteranno per i progressisti, altro che affidarsi all'antipolitica o, peggio, disertare i seggi elettorali.

Conosciamo l'armamentario ideologico di cui si serve la sinistra per assicurarsi i consensi delle generazioni nuove: diplomi facili per la massa, cattedre a iosa, spesa pubblica incontrollata, fisco spietato e recupero dell'evasione, torchiare le partite Iva (tutte in mano ai ladri), norme contro l'omofobia, regole contro il femminicidio, in galera i negazionisti, abolire la Bossi-Fini, frontiere aperte, pensione agli zingari. Con quali soldi? Quelli nelle tasche dei proprietari di aziende, ricchi sfondati perché non versano le imposte. Ma se non ci sono più neanche le aziende? Le abbiamo svendute, boicottate in nome dell'ecologismo e dell'anticapitalismo (mai sopito dai tempi che furono). Inoltre abbiamo ceduto i gioielli di Stato agli amici degli amici per due soldi. Continuiamo a strozzare le imprese con tributi manicomiali, paghiamo l'energia il doppio di altri Paesi e il costo del denaro è il triplo che in Germania. Però pretendiamo che aumentino i posti di lavoro. E chi li crea se gli stabilimenti non stanno più in piedi?

È noto. C'è la crisi. I soli che non ne avvertono gli effetti sono i napoletani. Ovvio. Hanno sempre avuto la piena disoccupazione, tirano a campare, si arrangiano come possono. Il tasso di suicidi intorno al Vesuvio è il più basso d'Europa. Da quelle parti cantano bene e la pizza è buona.

Simmo 'e Napule paisà.

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