«Con l'amichevole partecipazione di Marco Travaglio». Si legge così nei titoli di testa di Il venditore di medicine, il lungometraggio di Antonio Morabito che sarà presentato oggi al Festival Internazionale del Film di Roma.
Le notizie sono tre. La prima, che Travaglio ha degli amici. La seconda, che ha lavorato gratuitamente. La terza, la più importante, che fa l'attore al cinema. Per gioco, probabilmente. Niente di serio, di stabile. Un diversivo, forse. L'impegno primario è e resta il giornalismo. Non si discute, come la moglie. I risultati parlano chiaro, la vicedirezione di un quotidiano di successo di cui è fondatore e prima firma. Il ruolo universalmente riconosciuto di gran fustigatore televisivo. L'informazione è una strada segnata e solida. Il porto sicuro, al quale tornare sempre. Ma siccome Marco è poliedrico e irrequieto, ogni tanto tradisce il primo e unico amore, prendendosi una vacanza per dedicarsi ad altre occupazioni. Passionacce come il teatro e perché no il cinema. Spesso affiancato da Isabella Ferrari. Mondi che gratificano e appagano la sua ambizione e il suo narcisismo, forse.
Prodotto da Amedeo Pagani in collaborazione con Rai Cinema, realizzato con il contributo del ministero per i Beni e le Attività culturali e dell'Ufficio federale della Cultura svizzera e sostenuto dal Fondo Eurimages del Consiglio d'Europa, dalla Apulia Film Commission e dal Fondo per il cinema della Regione Lazio, il bel film di Antonio Morabito è perfetto per l'esordio cinematografico della spalla di Michele Santoro essendo un'opera di denuncia della pratica illegale del «comparaggio».
Per convincere i medici a prescrivere i propri prodotti, gli informatori farmaceutici li blandiscono con i regali più svariati: dai computer palmari ai finti convegni in località esotiche, dalle auto di grossa cilindrata al sesso a pagamento. Una pratica che emerge di frequente nelle storie di malasanità di cui sono pieni i servizi dei nostri telegiornali che, non a caso, fanno da incipit al film. In sintesi, un'opera d'impronta civile, ben calibrata nella recitazione e dotata di buon ritmo. Camice bianco e capelli sbiancati su un paio di gelidi occhialini, Travaglio vi interpreta il professor Malinverni, altero primario di Oncologia dell'ospedale San Cristoforo, finora incontaminato da loschi traffici. Nessuno dei rappresentanti della Zafer, l'azienda al centro della storia, è mai riuscito a corromperlo e toccherà a Bruno (Claudio Santamaria) tentare l'ardua impresa per salvare il proprio posto di lavoro.
Che il rutilante mondo del cinema affascinasse Travaglio lo si era già intuito dalla fugace apparizione in Passione sinistra che nella primavera scorsa Marco Ponti aveva tratto dall’omonimo libro di Chiara Gamberale. Ma era stata una cosuccia, un cameo in cui interpretava se stesso nemmeno segnalato nei crediti del film. Qui ci troviamo di fronte a una «cotta » con tutti i crismi, in grado di scatenare gelosie: Marco recita un ruolo strategico della storia, quasi un punto di svolta nello sviluppo della trama. Non a caso il nome e cognome del vicedirettore del Fatto quotidian o scorre al quarto posto del cast, subito dopo quello del protagonista Claudio Santamaria, di Isabella Ferrari e di Evita Ciri. Già, Isabella, la partner di Travaglio negli spettacoli teatrali Anestesia totale ed È Stato la mafia , qui è la spietata capo area dell’azienda farmaceutica che istruisce le tecniche di seduzione per irretire anche i medici più inflessibili come Malinverni.
Al Festival di Roma 2012 Isabella Ferrari conquistò il premio come miglior attrice per la parte di Anna, insoddisfatta compagna di un anestesista depresso in E la chiamano estate di Paolo Franchi, fischiatissimo dal pubblico ma sponsorizzatissimo dal Fatto .
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