Renzi sbarra la strada ad Alfano

Il segretario Pd: non si fa a colpi di maggioranza. E apre al Mattarellum indigesto al vicepremier

Renzi sbarra la strada ad Alfano

È abituato a farsi concavo e convesso, a sedurre e stemperare le asperità dialettiche con le battute e l'accento fiorentino, ad alzare i toni e subito smussarli con un sorriso, a colpire con l'ironia, sottile o perfida verso il suo avversario. Se il copione retorico di Matteo Renzi è noto, la sua applicazione è variabile e dettata dall'interlocutore. Così quando il neo segretario del Pd si ritrova fianco a fianco con Angelino Alfano per la presentazione del nuovo volume di Bruno Vespa Sale, zucchero e caffè la curiosità per il primo confronto pubblico tra i due giovani leader, nella loro veste di innaturali partner di governo, è subito forte.

Esaurite battute e convenevoli, un primo dato appare subito inequivocabile: i due non si prendono affatto. Per quanto Renzi si sforzi di usare il tu, con «Angelino» la distanza è evidente, così come il loro muoversi lungo percorsi confliggenti. E dalle punzecchiature il sindaco di Firenze passa anche ad assestare qualche schiaffone verbale, aggiudicandosi il confronto. Troppo distanti i loro interessi, con il sindaco di Firenze deciso a sfruttare la scia delle primarie, senza bruciarsi la carta delle elezioni, e il ministro dell'Interno costretto a presidiare la posizione di governo e giocarsi una partita sul lungo termine. La cartina di tornasole di questa dicotomia è, ovviamente, la legge elettorale, ovvero il potenziale lasciapassare verso le urne. Nel giorno in cui i retroscena raccontano di un incontro «segreto» ma non troppo tra Renato Brunetta e Dario Nardella alla Caffettiera, a due passi dalla Camera, Vespa solletica subito i suoi ospiti sulla questione calda dei tempi della riforma.

Renzi prima si mostra conciliante. «Chi le fa a colpi di maggioranza sbaglia. Buona cosa sarebbe che la legge elettorale fosse la più condivisa possibile, da M5S alla Lega, passando per Fi e Fratelli d'Italia». Detto questo «la riforma va fatta subito perché sono otto anni che ci dicono che è una emergenza e gli italiani sono stati presi in giro. I quasi tre milioni che mi hanno votato non ne possono più delle nostre meline. Io ho pochi asset, ho la mia faccia e non voglio perdere la credibilità su questo. Non ho le fregola delle elezioni ma sulla legge elettorale bisogna fare presto». Alfano replica cercando di spostarsi sullo stesso terreno: quello della rapidità. «Vorrei dire con chiarezza che Ncd vuole una legge elettorale e la vuole ben chiara: la sera del voto si sappia chi ha vinto. E vogliamo che sia fatta subito». Ma è evidente che dire che si vuole fare è facile, entrare nel merito è difficile. E i segnali di scontro sono facilmente leggibili, soprattutto se si andrà verso una legge - Mattarellum con premio o modello ispanico - inevitabilmente destinati a polarizzare e schiacciare i piccoli partiti. Non a caso il leader del Nuovo Centrodestra prova a evocare e offrire il modello del «sindaco d'Italia», sul quale però Renzi abilmente evita di impegnarsi.

Le punzecchiature tra i due non finiscono qui. Quando si parla della riforma Fornero sul lavoro, Alfano attacca: «Speriamo che la sinistra riformatrice di Renzi abbia il coraggio di dire “smontiamo la Fornero”». La replica di Renzi è affilata: «Guarda che in questa sala e a questo tavolo chi ha votato la legge Fornero sei tu, non sono io». Confronto ad alta tensione anche sull'abolizione del Senato. Renzi propone di trasformare la camera Alta in una Camera delle Autonomie composta da rappresentanti degli enti locali, Alfano ipotizza piuttosto il taglio dei parlamentari da mille a cinquecento. «Ne parleremo» dice Alfano. E Renzi gli raccomanda il ministro delle Riforme. «Angelino con Quagliariello pensaci tu...», ironizza.

«È il ministro delle Riforme», replica Alfano. «Uno dei rari ministri che avete... In altri Paesi - chiosa Renzi - non ci sono ministri delle Riforme o della Semplificazione. Meglio un ministro in meno e una riforma in più».

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