Se anche Cielle molla i prof per le poltrone

Cari Lupi&Mauro, non mollate i nostri docenti

Se anche Cielle molla i prof per le poltrone

Distrazione o acquiescenza, sul pasticcio degli stipendi dei professori, la voce di Maurizio Lupi e Mario Mauro non si è sentita. Non pervenuta. Silenzio. Passività. Se gli insegnanti hanno salvato gli scatti di anzianità, di cui l'ineffabile ministro Saccomanni aveva inopinatamente chiesto la restituzione, il merito è tutto di Renzi e dei suoi uomini. Il sindaco di Firenze, segretario Pd e commissario del governo già si pavoneggia con la medaglia al petto. Dopo il suo niet da Otto e mezzo, il ministro Carrozza ha preso carta e penna e Letta ha fatto retromarcia. Lupi, Mauro e mettiamoci anche Delrio, hanno altri incarichi, è vero. Però, suvvia, sono politici di larghe vedute oltreché intese. Sono figure toste e rappresentative. Alzare la mano e dire la loro, no? La faccenda è ancor più spessa se si pensa alle parti in gioco e alle conseguenze sul governo. Che ora, più di prima, appare commissariato. Dopo questa faccenda sembra che la sinistra abbia l'esclusiva della difesa dei diritti del corpo insegnante, non proprio un manipolo di elettori. Poi uno dice che i professori si buttano a sinistra. Per forza. È una possibile conseguenza della passività dei ministri di area cattolica, quelli di area ciellina in primis. La vicenda dispiace perché c'è in ballo anche un pezzettino di stima e di formazione personale. Credo che Lupi e Mauro avrebbero utilmente potuto e forse dovuto essere in prima linea nella difesa delle buste-paga dei prof. Per decenni il mondo da cui provengono ha espresso grande protagonismo nei licei e nelle scuole superiori che sono state l'ambito di una testimonianza profonda e radicata e il laboratorio di una efficace presenza sociale. Negli anni, in alternativa alla sinistra tradizionale e antagonista, i movimenti ecclesiali hanno saputo difendere la qualità dell'insegnamento, hanno chiesto a gran voce libertà di educazione e riqualificazione del corpo insegnante. Abbiamo tutti chiaro che la rifondazione di un Paese deve avvenire attraverso la formazione e l'istruzione delle giovani generazioni. E che perciò il corpo docente dovrebbe essere una categoria professionale valorizzata, difesa e gratificata nel suo impegno e nel suo necessario e continuo aggiornamento professionale. Sono temi fondanti e determinanti una presenza politica, tanto più in un governo che dovrebbe porre le basi per il superamento della crisi in atto. Purtroppo, invece, queste materie vengono lasciate al monopolio della sinistra renziana e della Cgil. Ieri mattina ad Agorà c'era Mila Spicola, giovane insegnante palermitana, membro della nuova direzione Pd e titolare di due lauree con stipendio da 1.300 euro al mese. Ha detto che uno studente di liceo ha il diritto di percepire che in cattedra, davanti a lui, non siede uno sfigato. Queste argomentazioni sacrosante mi hanno provocato una duplice reazione: soddisfazione per la totale condivisione, ma profondo rammarico perché a produrre questa difesa non sono stati quei politici e quei ministri di area moderata che hanno alle spalle anni di militanza nel mondo dell'istruzione. Dunque, gli stipendi dei prof sono salvi per merito della sinistra renziana. E si potrebbe banalmente concludere che ciò che conta è il risultato. Invece no: c'è molto da riflettere.

Si può essere critici su Berlusconi e le sue mancanze; si può discutere e opinare su come debba essere la nuova legge elettorale, alla spagnola o alla tedesca; si può avere una diversa posizione in materia di tagli alle pensioni e riforma del lavoro. Tutto vero: ma abdicare sul fronte della riqualificazione della scuola è un errore strategico madornale.

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