Una società in liquidazione che invece di liquidare assume 76 persone. Selezionate con cura: la figlia del boss mafioso Bontate insieme a suo marito, un ex consigliere comunale Udc, il figlio dell'ex capo di gabinetto di Cuffaro, un indagato per tangenti, altri parenti (e parenti dei loro autisti e segretari), raccomandati ed ex politici vari. Ad assumerli è l'ex pm Antonio Ingroia, nominato dal governatore Crocetta commissario liquidatore di «Sicilia e-Servizi», uno dei tanti carrozzoni regionali siciliani che inghiottono soldi pubblici (intanto il bilancio della Regione Sicilia è una voragine da default). Si doveva liquidare e invece no, non si liquida più, la società da sciogliere è diventata improvvisamente «strategica», come stabilito dalla Finanziaria regionale appena approvata. E così succede che il grande indagatore di misteri e trattative, dopo appena qualche mese che non è più pm e alla prima prova da manager pubblico, finisce nel mirino di una Procura. Quella della Corte dei conti di Palermo, che ha acquisito la documentazione dei 76 contratti a tempo determinato fatti partire sotto la gestione Ingroia di Sicilia e-Servizi. I magistrati contabili vogliono accertare le modalità dell'assunzione, in particolare la legittimità della delibera regionale che ha dato mandato a Ingroia di «assorbire» i 76 impiegati provenienti dalla Sisev, una società privata, lì inquadrati con l'impegno di prenderli poi in Regione dopo un periodo di formazione detto «trasferimento di know how» (costato la bellezza di 66 milioni di euro). In sostanza la Sisev, appena scaduta la convenzione regionale (impiego interinale a condizioni fiscali vantaggiose) ha mandato a casa quell'esercito di persone, che la Regione Sicilia si è subito presa affidandoli ad una società formalmente in scioglimento. Il punto che la Corte dei conti vuole chiarire è come sia possibile l'infornata di assunzioni, visto che in Sicilia è in vigore il blocco delle assunzioni pubbliche. Una serie di anomalie, insomma, su cui i magistrati contabili vogliono vederci chiaro.
Ma già che c'era, non poteva farlo Ingroia, chiamato da Crocetta proprio per far luce su sprechi e malversazioni nella gestione di Sicilia e-Servizi? Le giustificazioni dell'ex pm, chiamato dall'Onu in Guatemala per guidare l'unità investigativa sul narcotraffico, sembrano scritte da Crozza. «Abbiamo deciso di assumerli per evitare uno stop gravissimo del sistema informatico della Regione. Quei lavoratori sono gli unici in grado di utilizzare i software» spiega Ingroia. In sostanza, dice l'ex pm, tra i 28.796 dipendenti regionali siciliani, cinque volte la Lombardia, non si trovava nessuno che sapesse usare il computer. Fargli un corso accelerato, magari a qualcuno dei 1.836 dirigenti della Regione, uno ogni 9 impiegati? Macché, servivano questi altri 76 dipendenti altamente informatizzati. Non solo, Ingroia, dopo aver scoperto nomi, parentele e curriculum delle persone da lui assunte, ha annunciato una commissione d'inchiesta sulle sue stesse assunzioni. L'ex pm - racconta LiveSicilia - farà un'indagine da concludere entro due mesi, per stabilire che tipo di competenze hanno i 76 dipendenti appena assunti e se dunque potranno essere confermati dopo i quattro mesi di prova che seguono all'assunzione del commissario Ingroia. In pratica un'autoinchiesta.
Il leader di Azione civile e commissario non liquidatore, però, è assolutamente sereno: «Prendo atto della richiesta di approfondimento della Corte dei Conti - dice Ingroia - e garantisco la massima disponibilità ai pm che hanno tutto il diritto di approfondire una vicenda certamente complessa e delicata. Noi abbiamo fatto rispettare le regole, garantendo la prosecuzione di un pubblico servizio e senza sperpero di denaro. L'Avvocatura distrettuale dello Stato ci ha detto che le assunzioni sono legittime, quei lavoratori sono stati selezionati attraverso un bando pubblico che prevedeva il transito alla Regione».
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