Addio Pd, 8 elettori su dieci se ne fregano delle primarie

Secondo un sondaggio dell'Espresso gli elettori democratici disinteressati al futuro leader del partito: il 73% non voterà e l'11% non ha ancora deciso

Addio Pd, 8 elettori su dieci se ne fregano delle primarie

Roma - Siete giù di corda, a corto d'entusiasmo, di pessimo umore? Preoccupati, delusi, addirittura disgustati per quel che accade nel Pdl? C'è un rimedio a portata di mano: sintonizzatevi sul Pd, il partito che strappa sempre un sorriso.
Prendete questa storia delle primarie, la svolta epocale «che dal 9 dicembre cambierà l'aria al Paese» (parole di Burlando, occhio!) sol consegnando l'ex partitone della sinistra a Matteo Renzi. Dall'ultimo sondaggio Demopolis per il sito dell'Espresso, con la precisione dell'orologio bulgaro si conferma quel che si sapeva: la gara è poco o punto appassionante. Il 66 per cento voterà il sindaco di Firenze, il 21 Gianni Cuperlo, il 10 Pippo Civati, il 3 Gianni Pittella. Eppure, grazie al sistema di tesseramento, con la partecipazione di tanti amici di circolo e tante comparse sconosciute ai più (soprattutto agli stessi candidati, pare), l'interesse della partita è vivo e da giorni se ne parla sui giornali. L'ultima puntata del serial è andata in onda ieri sera quando il Pd ha annunciato la volontà di modificare il regolamento - appeso a un voto via mail della Direzione, basato sul silenzio assenso - per mettere lo stop al tesseramento dei nuovi iscritti dall'11 novembre. Ma un conto è seguire con questa ilare «Isola dei (quasi) famosi - decima serie», un conto è volerci partecipare anche soltanto dallo studio televisivo. Così dal medesimo sondaggio si viene a sapere che sette elettori pidì su dieci escludono decisamente di recarsi fino al gazebo delle primarie per la nomination. Uno schiacciante 73 per cento contro il 16 che andrà e l'11 che ci sta pensando. Segno che forse il partito davvero «si sta trasformando», come sospetta Cuperlo, e che a Renzi verrà consegnata una scatola vuota. Quelli di sinistra staranno già altrove.
Ma allora come si spiega quella che sui giornali è diventata la «guerra per il tesseramento»? Stupenda la chiarificazione fornita dal responsabile (dis)organizzazione del partito, Zoggia: «I candidati non hanno alcuna responsabilità in merito a disservizi e anomalie, spesso i candidati non sanno esattamente quello che accade sul territorio. Sarà qualche ras di provincia che vuole mettersi in luce...». Frase che Civati ha trovato «scandalosa», in quanto il significato appare chiaro: «O i nostri candidati sono dei deficienti, o dovrebbero conoscere i loro sostenitori a livello locale». A detta di Civati, sia Renzi che Cuperlo «hanno fatto finta di non vedere»: ciurlando quindi nel manico. Renzi ora se ne vuol tirare fuori, «non ne so niente, non me ne occupo, l'otto possono votare tutti, tesserati e no», mentre Cuperlo, con lo stile colto ancien régime che lo contraddistingue, spiega contrito: «Si tratta di fenomeni gravissimi, dobbiamo dare un segnale, l'iscrizione a un partito è il riconoscersi in esso e nei suoi valori, non una corsa per sostenere un candidato. Un partito senza iscritti è come una democrazia senza elezioni, gli iscritti sono un patrimonio per il Pd». Pur col dubbio sull'identità di chi abbia voluto riconoscersi in questo Pd, si spera che non siano costati troppo.
Per fortuna, da lunedì rien ne va plus. Il segretario Epifani ha salomonicamente deciso di concedere solo il weekend per gli ultimi ritardatari, e ieri incassato l'appoggio dei due «big» di prima fascia. Peccato che «il gonfiamento delle tessere è legato ai congressi dei circoli, che si sono ormai conclusi», ha però spiegato Pittella (sembra uno sceso or ora da Bruxelles) giudicando signorilmente la decisione epifanesca come «intempestiva». «Chiudono la gabbia quando i buoi sono già scappati», scrive invece brutalmente Civati su Facebook, e non si sa se chiamare la neurodeliri o la Protezione animali. Anche per la difficoltà di chiudere un bue in gabbia. Pittella invece non ha dubbi e vorrebbe degli «ispettori». Meglio sarebbe degli osservatori dell'Onu.

Il Pd recita ormai in un «ospedale psichiatrico», dice lui, per cui è chiaro come non ne possano uscire che regole «demenziali». Peraltro comunicate agli stessi candidati di «seconda fascia» a cose fatte e per telefono. Ma si sa, per i permessi di libera uscita la procedura è complicata.

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