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Gli agenti feriti pagano pure il ticket E Manganelli apre alla schedatura

Agenti feriti in azione, applauditi dalla gente per aver sgominato una banda di albanesi specializzata in furti ma poi stangati al pronto soccorso, visto che il ticket, per la visita, devono pagarselo di tasca propria. Agenti finiti ingiustamente sotto processo, che dopo l'odissea giudiziaria si vedono costretti ad accendere un mutuo per pagare le spese legali, visto che il ministero restituirà loro neanche un terzo delle parcelle degli avvocati.
È un mondo di senza diritti, e soprattutto di zero tutele, quello dei soldati blu. A denunciare alcuni casi sono i sindacati di polizia, che hanno bocciato l'ipotesi degli identificativi sui caschi, ci manca solo questa per mettere ancora più a rischio chi va in piazza. Ipotesi invece che il capo della Polizia, Antonio Manganelli, intervistato ieri a Ballarò, ritiene possibile: «Non escludo nulla – ha detto – neanche l'identificazione. Credo che si possa percorrere questa strada e che si troverà un punto d'incontro». Manganelli ha condannato le violenze: «Giusto sanzionare gli interventi scorretti». Ma ha difeso i poliziotti: «Nel 90% dei casi non si scivola nell'abuso», ha rimarcato. Lanciando anche un segnale d'allarme: «Temo che le proteste siano solo all'inizio».
E intanto, feriti o indagati, come denunciano i sindacati, gli agenti pagano di tasca propria. La prima storia arriva da Pistoia. Lunedì sera, zona residenziale. La polizia è sulle tracce di una banda di albanesi che ha compiuto diversi furti. Gli agenti li beccano in flagrante, mentre stanno per entrare a casa di un novantenne. Un'operazione lampo. Ma due agenti rimangono lievemente feriti. La sorpresa per loro arriva al Pronto soccorso, dove vanno a farsi medicare. C'è da pagare il ticket per la visita. Tuona il Sap, annunciando di esser pronto a farsi carico dei costi: «Riteniamo impensabile che a un tutore dell'ordine, ferito durante il servizio sia richiesto di pagare il ticket sanitario».
Dalla Toscana al Veneto, con una vicenda paradossale segnalata dal segretario generale del Coisp, Franco Maccari, che qualche giorno fa ha invitato i colleghi a mettersi in ferie in occasioni di manifestazioni. Un assistente capo di 40 anni, Franco (il nome è di fantasia), busta paga da 1.600 euro al mese, rischia di dover mettersi sulle spalle un mutuo da 25mila euro per pagare gli avvocati che lo hanno difeso in un'odissea giudiziaria cominciata 12 anni fa. Era agente semplice, nel 2000. E ubbidì all'ordine di accompagnare giornalisti e fotografi in casa di un indagato. Finì sotto processo per violazione di domicilio e divulgazione di immagini private. Assolto, in tutti e tre i gradi di giudizio: 27.382 euro la parcella dell'avvocato che lo ha seguito in primo grado e in Appello; 7.817 quella del cassazionista. Franco presenta richiesta di rimborso al ministero. E arriva la doccia fredda: la causa, dice l'Avvocatura dello Stato, che deve certificare la congruità del rimborso «non è stata oltremodo complessa». Quindi in totale vengono riconosciuti solo 7mila euro, che più Iva e qualche altra voce arrivano a quasi 10mila.

Contro i 35mila che i legali reclamano. «Farò un mutuo – dice Franco, che attende quei 10mila euro da oltre un anno – non ho altre strade. A volte penso che forse sarebbe meglio mentire: meglio una condanna lieve che trovarsi con un simile debito».

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