Alfano blinda il pacchetto con un occhio a Rai e giustizia

Alfano blinda il pacchetto con un occhio a Rai e giustizia

Roma«Abbiamo piazzato una bomba a orologeria dentro casa del Pd». L’immagine magari è un po’ forte. Ma politicamente Fabrizio Cicchitto rende abbastanza bene lo stato dell’arte. Al di là del fatto che Pdl e Partito democratico hanno sull’articolo 18 posizioni storicamente distanti, infatti, il risultato del (quasi) via libera del governo alla riforma del lavoro è inequivocabile. Con il Pdl pronto a sostenere le nuove misure e il Pd destinato a ballare per le prossime settimane e forse più.
Ed è questo il punto che a via dell’Umiltà non si sottovaluta affatto, al di là di una sostanziale condivisione della riforma. Insomma, mentre il Pd è alle prese con il «no» secco dell’Italia dei valori, con Sel che inizia a chiedere conto a Pier Luigi Bersani del sostegno a Monti «sulla pelle dei lavoratori» e con una Cgil pronta alla piazza, il Pdl può tirare il fiato in vista delle amministrative del 6 maggio. E, spiega un ex ministro, «magari proseguire nel trend che vede il partito finalmente in risalita se dal 19% di qualche mese fa ora i sondaggi di Alessandra Ghisleri ci danno al 23». Ecco perché - al di là delle dichiarazioni - a via dell’Umiltà non dispiace poi troppo che nei prossimi giorni la palla passi al Parlamento dove il testo messo nero su bianco dal governo verrà necessariamente ritoccato. Perché è chiaro che - così come annunciata - la nuova normativa sul lavoro rischia di spaccare in due il Pd.
Il Pdl, però, si prepara a dare battaglia. E non solo perché la riforma piace a via del’Umiltà ma anche per non perdere l’occasione di mandare in affanno il Pd. Ecco perché Angelino Alfano definisce l’intesa sull’articolo 18 «un buon punto di equilibrio» sul quale «non si deve arretrare in Parlamento». «Con questa riforma - aggiunge il segretario del Pdl - l’Italia va avanti ed era giusto che andasse avanti perché si trovava indietro in tutte le classifiche europee e internazionali». E sulla bontà della via intrapresa dal governo sul fronte della riforma è d’accordo anche Silvio Berlusconi. Ieri, infatti, durante un incontro con Antonio Martino a Palazzo Grazioli, il Cavaliere ha convenuto con l’ex ministro che «sul mercato del lavoro Monti sta facendo bene oltre a essere in linea con la nostra visione riformista». Non è un caso che dal Pdl piovano elogi un po’ da tutte le parti, a partire dall’ex ministro del Welfare Maurizio Sacconi. «Siamo all’ultimo miglio, vicinissimi - dice - a condurre l’Italia in una nuova dimensione competitiva». Una riforma, spiega l’eurodeputata del Pdl Licia Ronzulli, che «ci avvicina all’Europa» dove «gli esempi che arrivano da Francia, Germania, Danimarca e Spagna dimostrano che flessibilità non è sinonimo di libertà di licenziamento ma di crescita». E i «complimenti al ministro Fornero per la competenza il coraggio dimostrati sull’articolo 18» arrivano anche dall’ex sottosegretario Laura Ravetto. Fuori dal coro del Pdl è invece Guido Crosetto, non tanto per il merito della riforma quanto sullo strumento legislativo da usare. Secondo l’ex sottosegretario alla Difesa, infatti, della riforma dovrebbe «discutere il Parlamento in un sobbalzo di dignità» perché «è sbagliato pensare che una cosa va bene solo perché mette più in difficoltà un altro partito».


Al di là della soddisfazione e della richiesta formale di utilizzare lo strumento del decreto legge (così il capogruppo alla Camera Cicchitto), nel Pdl cresce però il timore che la riforma del lavoro comporterà inevitabilmente il prezzo di una «contropartita» che potrebbe giocarsi sul dossier Rai o sul fronte giustizia. I vertici di via dell’Umiltà e lo stesso Cavaliere temono che il governo possa procedere al rinnovo dei vertici Rai senza tener conto delle richieste del Pdl e magari accantonare il provvedimento sulle intercettazioni.

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