Roma - Un programma definito, di gittata ampia e lunga durata. E la rassicurazione che non ci saranno ripensamenti, fughe in avanti e scorciatoie verso le urne. Angelino Alfano incontra a Montecitorio Matteo Renzi e con il segretario Pd prova a piantare i suoi paletti. Un invito accolto con prudenza, e con una buona dose di freddezza dal presidente del Consiglio incaricato che prende tempo e non offre la rassicurazioni richieste.
Le richieste avanzate dal leader del Nuovo Centrodestra sono chiare: stipulare una sorta di polizza a vita, un accordo blindato che consenta agli ex del Pdl di sviluppare il programma, facendo durare l'esecutivo fino al 2018, eludendo così lo spettro delle urne. L'idea di fondo è: va bene le promesse, ma se vogliamo far durare il più a lungo possibile l'innaturale alleanza bisogna mettere per iscritto garanzie precise. Ad esempio convergendo sull'emendamento Lauricella che leghi l'approvazione della legge elettorale alle riforme costituzionali, e quindi al lungo iter per l'abolizione del Senato. Ma anche limando gli aspetti più insidiosi dell'Italicum, abbassando la soglia al 4% (ieri il sondaggio Emc per il Tg di La7 dava Ncd al 3,45% mentre Ipsos per Ballarò lo accreditava del 5,3%).
Il canovaccio su cui i dirigenti alfaniani lavorano per tutto il pomeriggio è il cosiddetto «modello Merkel», quello che ha posto le basi per la grande coalizione in salsa teutonica. Un cronoprogramma che preveda per ciascuna proposta, l'indicazione delle coperture, dei tempi, della persona responsabile del suo sviluppo, oltre all'ordine delle priorità. I temi sono quelli di sempre: lavoro, sburocratizzazione e diminuzione della pressione fiscale. Richieste a cui potrebbe aggiungersi il pressing per evitare l'aggravio della tassazione sulle rendite finanziarie.
Alfano chiede di «non avere un giustizialista al ministero della Giustizia» mentre per l'Economia chiede «qualcuno che sia compatibile con le nostre idee»; suggerisce a Renzi di «smontare la Fornero» e «dire no alla patrimoniale». Insomma consentire a Ncd di avere visibilità su temi di centrodestra. «Se c'è la stessa maggioranza a noi va bene, se si allarga a sinistra a noi non va bene: è emerso abbastanza chiaramente che Vendola non c'è, un primo scoglio è stato superato. Si va profilando la stessa maggioranza che ha sostenuto Letta. Una maggioranza che ho chiesto si riunisca domani per verificare la compatibilità sul programma». E poi sullo spettro del ritorno alle urne: «Noi non abbiamo paura di nessuno sbarramento». Con la riforma venuta fuori dalla Consulta «noi supereremmo tutti gli sbarramenti, non avremmo necessità di stare in coalizione».
Naturalmente resta aperta la questione ministri, con la richiesta di conservare una «rappresentanza riconosciuta e riconoscibile», ovvero il mantenimento dei ministeri dell'Interno, Salute e Infrastrutture (con il primo che resta a rischio). Con sullo sfondo l'aumento della conflittualità tra Fi e Ncd e l'incardinamento del partito alfaniano in una alleanza di lungo corso con il Pd, si moltiplicano i timori in vista delle prossime amministrative. In Sardegna Ncd è rimasta fuori dalla competizione.
Se l'accordo su Gianni Chiodi in Abruzzo non sembra in discussione, più irto di ostacoli appare quello per il Piemonte.
Certo il discorso è prematuro visto che non ci sono neppure i candidati ufficiali. Ma dalle parti di Fi si comincia a valutare nel novero delle opzioni possibili quella di un Ncd in navigazione solitaria (e quindi esposto al rischio 4%), pronto a un accordo successivo con Sergio Chiamparino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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