Roma - Nel Pdl prosegue la partita a scacchi tra lealisti e governativi. Se lunedì i toni si erano alzati a livello di guardia, fino a sfiorare l'insulto reciproco, ieri il volume della rissa è stato più basso. Ma i fronti contrapposti continuano a guardarsi in cagnesco. I lealisti sono la maggioranza e si fanno forza perché sanno che Berlusconi ha già deciso. Il Pdl è destinato a confluire in Forza Italia e manca solo la convocazione di un ufficio di presidenza per dare il via al progetto. Tuttavia, visto il clima da battaglia, Berlusconi preferisce non accelerare. Archiviando il Pdl, necessariamente ci sarebbe l'azzeramento di tutte le cariche attuali, compresa quella di Alfano. La mossa potrebbe provocare lo strappo definitivo e rompere irrimediabilmente un partito che sembra stare insieme per un filo sempre più esile. Così, i lealisti attendono. Fiduciosi che prima o poi il Cavaliere farà quel che dice di voler fare da tempo.
Nello schieramento opposto, gli alfaniani continuano a blindare il governo. La lista dei 24 senatori era una sorta di pizzino inviato a Berlusconi e ai cosiddetti «falchi». Il messaggio chiaro era questo: attenti a minacciare il governo Letta perché i numeri non li avete e saremmo ancora disposti a scaricare la vostra pistola, come già accaduto lo scorso 2 ottobre. Il che è vero anche se, valuta un ex ministro lealista, «il 2 ottobre erano in 28/30. Oggi sono già 24. Anzi forse un po' meno perché tante sono state le forzature per aggiungere firme in calce al testo della nota di lunedì». In effetti, il senatore Riccardo Conti fa outing: «Non ho mai deciso di aderire ad una lista di colleghi parlamentari - dice all'Ansa - Sono invece contrario a ogni forma di attacco personale nel confronto politico. E sento forte l'esigenza di un chiarimento di contenuti e di prospettiva all'interno del Pdl-Forza Italia». Mentre il lealista Francesco Giro ne aggiunge un altro: «Anche il mio collega senatore Claudio Fazzone non ha firmato alcuna lettera dei 24. Quindi, a questo punto, credo che il caso della lettera vada chiuso perché non esiste».
Al di là dei numeri, tra i ministeriali Alfano è continuamente strattonato. Nelle loro file c'è chi spinge affinché l'operazione «gruppo autonomo» si compia al più presto. Tra questi c'è Roberto Formigoni, che ieri su Repubblica ha attaccato a testa bassa i lealisti e preteso «chiarezza» entro la settimana. Sulla stessa linea di Formigoni ci sono anche Sacconi e Giovanardi. Alfano, però, frena. E giura: «Scissione nel Pdl? Finora ne hanno parlato solo i giornali e io non ho mai pronunciato questa parola. Lavorerò - aggiunge - per l'unità intorno a Berlusconi e questo è un intendimento di tantissimi di noi». Poi, apre alle modifiche alla legge di Stabilità, tanto criticata dai lealisti: «Non è il quinto Vangelo e ci sono grandi margini in Parlamento per intervenire. Nel provvedimento ci sono luci e ombre, ma serve un approccio costruttivo perché chi dice solo che non va bene vuol dire che intende far cadere il governo».
Blindare il governo «senza se e senza ma» anche dopo un eventuale voto favorevole alla decadenza del Cavaliere. Tuttavia Alfano ripete: «Nei confronti di Berlusconi ho un sentimento di profondo affetto, un legame fortissimo politico e personale, una stima profonda».
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