Alfano «avverte». Alfano «avvisa». Alfano «sottolinea». Alfano «si è stancato». A leggere Il Corriere della Sera l'epicentro della politica italiana è il (ritrovato?) quid di Angelino. Il centro di gravità, il perno su cui far leva per risollevare le sorti del Paese. Bastano poche righe dei gallonati quirinalisti o dei retroscenisti più azzimati e anche il più caparbio dei dubbi si dissolve come la tenebra all'aurora.
Il Giornale è di Berlusconi, lo sanno anche negli asili. Non sapevamo che il Corriere fosse di Alfano. Questa settimana, forse già domani, Letta salirà al Colle sperando di mettere a punto un «nuovo patto sul programma» al quale vuol dar mostra di credere. Ma ancora ieri mattina il quotidiano di via Solferino puntellava alla disperata le larghe intese. L'aspetto comico della faccenda è che l'architrave della resistenza è lui, Angelino. In queste ore gravi e solenni in cui l'inconcludente tiki-taka del governo in (s)carica potrebbe finalmente essere giunto al capolinea, mentre quel ragazzone di Renzi bada ai fatti suoi, solo la tempra dello statista del Nuovo centrodestra si erge a baluardo della «continuità», della «stabilità» e del bene dell'Italia altrimenti orfana e reietta. È lui a dettare ultimatum, a scuotere e mettere alle strette il Cav e soprattutto il sindaco-segretario. Perché spetterebbe a quest'ultimo togliere la fiducia al premier-compagno di partito. Lo scrive ogni giorno Francesco Verderami: «Non apriremo noi la crisi, gli va ripetendo infatti Alfano in questi giorni segnati da incontri e telefonate, avances e emoticon». La politica procede per emoticon, secondo il retroscenista principe del Corsera. Per il quale Alfano si è anche «stancato di questa patologica architettura della coalizione, dove i ruoli si sono rovesciati. Ncd, che doveva essere la forza corsara - scrive convinto - si trova costretta a reggere il peso del governo, mentre il Pd si tiene le mani libere». Reggere il peso del governo...
Su Repubblica, per dire, il vicepremier risulta più scettico. Ma tant'è. Nella pagina che precede l'ultimatum a Renzi, Marzio Breda, quirinalista number one di via Solferino, s'incarica d'illustrare quello di Napolitano. «Ascoltando in diretta streaming il confronto tra Renzi e Letta, le posizioni sono sembrate sul Colle più convergenti di quanto non siano rimbalzate all'esterno». E quindi ci si riserva «di verificare se riusciranno a concertare insieme, in tandem, una via d'uscita», «la fatidica ripartenza». Peccato che due ore dopo sia arrivato l'annuncio della salita al Colle e l' «era ora» di Renzi che illustra quanto «il tandem» necessiti di meticolose riparazioni. Comunque sia, nell'attesa, nessuno pensi alle urne. Perché in quel caso «Napolitano potrebbe perfino decidere di lasciare lui subito».
Dunque, nella Fortezza Bastiani del giornalismo italiano si continua a montare la guardia a difesa dell'asse Napolitano-Letta. Ma a ben vedere, quasi quasi, il vero peso regge sulle spalle di Alfano che sulla legge elettorale tiene anche in scacco Renzi e il Cav. «Se avessero potuto far da soli, il sindaco di Firenze e Berlusconi avrebbero ricopiato integralmente dal modello spagnolo», scriveva Verderami il 19 gennaio. E invece, Angelino è riuscito a strappare una valanga di condizioni. Al punto che anche Verdini deve starsene calmino perché «noi siamo molto più ambiziosi di quanto alcuni credano e... senza di noi il centrodestra diverrebbe il terzo polo», a tutto vantaggio del M5S (21 gennaio). Alfano regola il traffico e alza palette rosse o verdi all'indirizzo di alleati di governo e di schieramento.
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