Roma - Sono lontani i tempi in cui la riforma della legge elettorale era considerata da tutti come «una priorità assoluta, anzi un obbligo», per dirla con Giorgio Napolitano. «Una buona legge si può fare senza perdere altro tempo». Era il monito che arrivava dal Colle, l'invito spedito ai partiti affinché mettessero da parte timori e convenienze e sanassero la ferita denunciata dalla Corte Costituzionale.
Trascorse poche settimane la lista delle priorità si è ribaltata, insieme a quella delle convenienze. E la semi-vacatio della nostra legge elettorale sembra essere diventata una postilla da relegare tra le varie ed eventuali, come se l' «Italicum», il «Consultellum» (la legge proporzionale uscita dalla Consulta) pari fossero. Tanto più che adesso nella mente di molti, e dei piccoli partiti in particolare, c'è soprattutto il «Lauricellum», ovvero un semplice emendamento che consente, legando l'entrata in vigore della nuova legge alle riforme costituzionali, di rinviare sine die qualunque realistica prospettiva di ritorno alle urne, mettendo la riforma nel congelatore.
La richiesta di partire dalle altre riforme istituzionali, ad iniziare dall'abolizione del Senato, è stata avanzata in maniera forte soprattutto dal Nuovo centrodestra. Perché se per l'Italicum potrebbero servire non più di due mesi, per le riforme istituzionali ci vorrebbe almeno un anno (ad essere ottimisti), consentendo così di serrare la possibile finestra delle elezioni nella primavera 2015. Sul punto Maurizio Lupi, entrando al Quirinale, è perentorio. «Abbiamo firmato un impegno che la legge elettorale vada di pari passo con le riforme istituzionali e funzionerà quando il Senato sarà abolito, anche perché questa legge è pensata per una sola Camera, altrimenti la riforma non funziona». In sostanza si tratta di una risposta al monito fatto risuonare da Forza Italia, decisa nel ricordare in ogni occasione utile a Matteo Renzi che l'intesa sulle riforme con Silvio Berlusconi prevede per prima cosa il varo della nuova legge elettorale.
D'altra parte l'allarme rosso a Piazza San Lorenzo in Lucina è scattato già da qualche giorno. Il timore, dentro Forza Italia, è che Matteo Renzi faccia il doppio gioco e da una parte rassicuri gli emissari del Cavaliere che mai verrà meno al patto sull'Italicum, dall'altro blandisca Alfano, promettendo a Ncd il congelamento della riforma elettorale. Dubbi sull'affidabilità del premier che le parole di Lupi non hanno contribuito a dissipare. «Il cosiddetto emendamento Lauricella-campa cavallo non esiste» attacca Maurizio Gasparri. «Noi vogliamo sia la legge elettorale che la riforma costituzionale. Ma la prima è una legge ordinaria, già concordata, che si può e si deve varare subito. Il resto richiede procedure più lunghe. Ma nel frattempo il Paese non può non avere una legge elettorale applicabile e dall'esito chiaro, con un vincitore frutto di un confronto bipolare».
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