Alitalia fallisce, grazie ai sindacati

Berlusconi è sconcertato dalla conclusione negativa della trattativa Alitalia. "Vicini al baratro, Cgil e piloti i responsabili". Il premier in pressing sulla Cai per evitare il crac definitivo. E con Fantozzi decide di aspettare altre 72 ore prima di gettare la spugna. Il ritiro di Colaninno. Dal veto al crac: le tappe del dramma. Il futuro: prestiti, licenziamenti, stranieri. "Professionisti dello sfascio" di Mario Giordano

Alitalia fallisce, grazie ai sindacati

Roma - Non se l’aspettava neanche Berlusconi. Che rientrato da San Giuliano di Puglia, durante una breve passeggiata per le vie del centro di Roma, auspica ancora «una soluzione positiva» della vertenza Alitalia, magari tenendo fuori dall’accordo la Cgil. Poi, nel cortile interno di Palazzo Grazioli, la telefonata con Gianni Letta che lo aggiorna sull’assemblea Cai in corso a Milano. Non sono buone notizie e il premier non nasconde una certa sorpresa. E a chi gli chiede se quella di Roberto Colaninno e soci sia solo una mossa tattica per forzare la mano su Cgil e Anpac, risponde con un perplesso «non lo so».

Insomma, il Cavaliere non si attendeva uno show down tanto rapido. Certo, era al corrente delle perplessità di Colaninno (preoccupato anche dalle ripercussioni del crac Lehman Brothers). Ma sperava che durante l’assemblea Cai Corrado Passera l’avrebbe convinto a non chiudere la porta così velocemente. Tanto che prima di lasciare i cronisti non esita a dire che «la situazione è drammatica». Di più: siamo davanti a quello che «può apparire un baratro».

Per tutta la giornata, infatti, la trattativa era proseguita con la speranza di chiudere con le sigle sindacali favorevoli al piano (Cisl, Uil e Ugl). Una linea d’azione della quale il Cavaliere non aveva fatto mistero. «Si può andare avanti - spiegava dopo aver inaugurato la scuola dedicata ai bambini morti nel sisma del 2002 a San Giuliano di Puglia - anche senza la Cgil». Eventualità che stavano seriamente prendendo in considerazione anche Cisl, Uil e Ugl. Parole, queste del Cavaliere, a cui era seguito un cauto ottimismo prima e una certa prudenza poi, tanto che ai cronisti che a via del Plebiscito gli danno notizia della decisione della Cai il premier ribatte con un «non è possibile». Poi la telefonata con Letta e il dito puntato contro le «pesantissime responsabilità della Cgil e dell’associazione piloti». Berlusconi va anche oltre e parla di «responsabilità politica». «Non vorrei - dice - che questa fosse la soluzione che qualcuno ha auspicato». Un chiaro riferimento al centrosinistra che per la prima volta da mesi ritrova la sua compattezza nel definire il Cavaliere «l’unico colpevole della situazione» (così il ministro ombra dell’Economia Pierluigi Bersani). Tanto che in privato il Cavaliere non nasconde la convinzione che sia stato proprio Walter Veltroni uno di quelli che più hanno remato contro (e ieri il segretario del Pd ha scelto la strada di un inusuale silenzio).

Sul futuro, però, il premier preferisce non sbilanciarsi. Non parla di «fallimento» e si limita a un «vedremo». «Ora - dice entrando a Palazzo Grazioli - voglio approfondire la situazione». E questo fa fino a notte fonda, mentre a Palazzo Chigi si riunisce un tavolo con Letta e i ministri Maurizio Sacconi (Welfare) e Altero Matteoli (Trasporti). Alla soluzione Cai, è la convinzione del governo, non c’è però alcuna alternativa, a parte quella di portare i libri in tribunale. È per questo che Berlusconi e il commissario straordinario Augusto Fantozzi hanno deciso di darsi altre 72 ore di tempo prima di toccare davvero con mano «il baratro». Nel week end, intanto, Alitalia continuerà a volare (la benzina - ha detto Fantozzi a Letta - si troverà e i piloti assicureranno buona parte dei voli) mentre si cercherà di ricomporre la rottura.

Il premier, infatti, è convinto che l’unica soluzione sia quella di riconvocare un altro tavolo e cercare una mediazione, provando a riprendere quel flebile filo di speranza che nel pomeriggio di ieri aveva lasciato ipotizzare un ammorbidimento della Cgil (con i piloti, però, sempre sulle barricate). Sul punto Berlusconi è chiarissimo con tutti gli interlocutori con cui ha occasione di parlare in serata: «Un piano B non esiste». E quindi bisogna provare a ripercorrere «l’unica strada possibile».

Da ieri sera, dunque, il premier lavora su due fronti: quello della Cai, con un fortissimo pressing su Colaninno e su tutta la cordata per tornare sui propri passi; ma pure quello della Cgil, nella speranza che Guglielmo Epifani «scenda a più miti consigli».

A Palazzo Chigi, infatti, avrebbero notato i toni della lettera serale del segretario generale del Cgil, soprattutto nella parte in cui sottolinea che «più che mai bisogna lavorare per evitare il fallimento». Con una convinzione: l’opinione pubblica «sta con noi», e non certo «con i sindacati o con i piloti che vogliono difendere i loro privilegi».

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