Alitalia, via al maxi-piano Ma Air France non ci sta

Aumento da 300 milioni. Entrano Poste e banche. Parigi deciderà lunedì se partecipare I vertici del gruppo non hanno gradito l'intervento pubblico e pensano di andarsene

Alitalia, via al maxi-piano Ma Air France non ci sta

Colpo di scena: Air France prende le distanze dall'aumento di capitale di Alitalia. Pur avendo votato a favore del piano di salvataggio da 300 milioni (più 200 di prestiti bancari), Parigi precisa: decideremo lunedì se partecipare. In serata un portavoce ha precisato che la compagnia non ha ancora deciso se parteciperà o meno all'aumento. «La decisione dei membri del cda in quota Air France-Klm di sostenere il piano di emergenza non presuppone in alcun modo una nostra decisione sulla sottoscrizione o meno dell'aumento di capitale», ha dichiarato il portavoce. Deciderà il cda di Parigi, e comunque ci saranno 30 giorni di tempo per effettuare i versamenti. Air France-Klm ha dato il via libera all'aumento per garantire l'operatività, ma restano valide - secondo fonti vicine alla holding - le condizioni «stringenti ed importanti» che il gruppo franco-olandese pone per realizzare il suo investimento. Se Air France non sottoscrivesse (la sua quota di aumento è di 75 milioni)scenderebbe dal 25% a poco più del 10%.

È stato necessario un intero pomeriggio al cda di Alitalia per varare la manovra che consentirà alla compagnia, con l'aiuto delle Poste, di superare l'emergenza. In tutto, si tratta di 500 milioni, per i quali la parte del leone la fanno le banche, anzi, due banche: Intesa e Unicredit (la prima è anche azionista con l'8,9%). L'aumento di capitale ammonterà a 300 milioni e gli istituti si impegnano ad aprire linee di credito per ulteriori 200 milioni rispetto a quelle in essere. Quanto all'aumento, Poste Italiane entreranno nel capitale rilevando quote d'inoptato fino a un importo di 75 milioni; altri 100 milioni di inoptato sono garantiti dalle stesse Intesa e Unicredit che li anticiperanno sull'unghia (salvo conguaglio) per permettere alla compagnia di pagare gli stipendi di ottobre e di sanare la situazione con l'Eni, principale fornitore di carburante (il debito è di 100 milioni, e ieri sera l'ad Paolo Scaroni, tirando un sospiro di sollievo sulla «continuità aziendale» ha detto: «Alitalia torna a essere per noi un importante cliente»). I 14 consiglieri hanno votato all'unanimità. Il presidente Colaninno, alla fine della riunione, ha espresso «soddisfazione per la disponibilià espressa da un congruo numero di soci a partecipare all'aumento» e ha sottolineato che la cifra da questi investita, dall'avvio di Cai, è stata di 1.270 milioni.

Air France resta il candidato naturale all'acquisto di Alitalia, di cui è primo socio, l'unico aeronautico e primo partner commerciale; ma se si rivelasse fondato un suo disimpegno, si spiegherebbe solo con la difficoltà di capire le strategie ondivaghe del sistema italiano. Maurizio Lupi, il ministro dei Trasporti che più di tutti rivendica un ruolo nel costruire la via d'uscita, ieri ha detto: «Vediamo che cosa farà Air France, altrimenti credo che compito dell'Alitalia sarà trovare un altro grande partner internazionale». Ha aggiunto: «Come governo dobbiamo creare le condizioni perché l'occupazione possa non solo essere salvata ma anche sviluppata». Sul fronte delle Poste si registra grande attivismo, fatto sia di strategie sia di adempimenti interni, in attesa di assumere il nuovo ruolo di grande socio; per l'investimento in Alitalia l'ad Massimo Sarmi ha assicurato che non può «essere utilizzata alcuna risorsa proveniente né da conti correnti postali né da buoni e libretti postali. Le risorse finanziarie saranno reperite dalla liquidità disponibile».

Lunedì mattina, un nuovo cda metterà a punto l'assemblea convocata per il pomeriggio. Ma l'appuntamento più importante è quello con i versamenti: solo in quel momento si capirà chi parteciperà a questa nuova fase, e chi no; chi continuerà su questa strada e chi sarà diluito, perdendo i suoi soldi.

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