Alfano accelera: "No all'accanimento terapeutico"

Il segretario Pdl nega di avere scaricato il presidente della Regione: "Ne abbiamo parlato. La decisione della data delle elezioni spetta a lui"

Roma - «La data delle elezioni in Lombardia è una libera scelta di Formigoni che deciderà per il bene della Lombardia e non dei partiti. Ho parlato con lui e abbiamo convenuto su questo. Se la Lega dovesse mantenere questa posizione è chiaro che la responsabilità è del presidente, noi siamo contrari a ogni forma di accanimento terapeutico. La Lombardia non può rimanere senza governo troppo a lungo». Angelino Alfano da Saint Vincent, a margine della convention dei Democristiani di Gianfranco Rotondi, affida al governatore lombardo il compito di staccare la spina. E a chi gli domanda se il Pdl abbia mollato Formigoni risponde secco: «Queste sono solo interpretazioni malevole».
Il segretario del Pdl evita di alzare i toni contro la Lega, ex e potenziale futuro alleato. «Non è un problema di quale fosse l'accordo, il tema è che c'è un pronunciamento del Consiglio federale della Lega che è abbastanza esplicito e chiaro». Come dire: non li consideriamo affatto alla stregua di traditori. E riguardo alla possibile diffusione della crisi, con un contagio che dalla Lombardia si allargherebbe al Piemonte e al Veneto, precisa: «Noi non abbiamo mai connesso le vicende. Il patto con la Lega è chiaro e riguardava le regioni del Nord. La vicenda della Lombardia è molto specifica. Occorre occuparsi della Lombardia». Ma è evidente che ora si pone il problema di una exit strategy dal pantano, una mossa che possa risolvere con meno danni collaterali possibili quella che sta diventando una prova di forza e una partita a scacchi a rischio arrocco.
Via dell'Umiltà vorrebbe condizionare il via libera alla cessione del Pirellone alla Lega alla rassicurazione che il candidato in campo sarà Roberto Maroni, un personaggio considerato spendibile anche in vista di una trattativa con i centristi. Altra ipotesi gradita potrebbe essere quella delle primarie di coalizione. «Un conto è il segretario della Lega, un altro un leghista-leghista. La poltrona di governatore lombardo ha una rilevanza nazionale e ci vuole una figura all'altezza di una tale responsabilità, altrimenti si guardi altrove» spiega un dirigente azzurro. L'ex ministro dell'Interno, però, non si sarebbe ancora convinto. Il Carroccio vorrebbe, infatti, puntare sul sindaco di Varese, Attilio Fontana, avvocato cassazionista rieletto per due volte nella cittadina lombarda. Personaggio popolare e presentabile ma non troppo noto. La partita, però, resta aperta anche perché la proposta di Maroni di procedere alla scelta del candidato del Carroccio attraverso le primarie - o comunque attraverso una consultazione magari un po' improvvisata ma comunque popolare - scompagina le carte e suona come una sfida o una minaccia di navigazione solitaria. Inoltre dentro il Pdl non tutti sono convinti che la cessione della poltrona lombarda alla Lega sia la mossa migliore.
«Non è affatto scontato che il candidato venga espresso da loro» dice il capogruppo vicario del Pdl alla Camera, Massimo Corsaro. «Il Pdl è perfettamente in grado di esprimere un candidato forte, peraltro non mi sembra che i sondaggi accreditino la Lega di grandi consensi e di percentuali scintillanti. Penso, ad esempio, che un personaggio come Gabriele Albertini incarnerebbe bene quella figura di uomo lontano dai giochi della politica assolutamente necessaria di questi tempi e potrebbe essere un ottimo candidato del centrodestra». Inoltre bisogna gestire l'uscita di scena di Roberto Formigoni. Il governatore lombardo insiste sul voto subito e non vuole spianare la strada all'idea leghista dell'election day Politiche-Regionali nel 2013. Inoltre Formigoni starebbe pensando a mettere in campo una sua lista che potrebbe scendere in campo tanto nelle Regionali quanto nelle Politiche, in particolare in Lombardia, Veneto e Puglia.

Per il Pdl è fondamentale disinnescare il pericolo di avere un dirigente del suo calibro in trincea, pronto a scendere in campo per una battaglia fratricida contro il suo stesso partito. Uno scenario modello «muoia Sansone con tutti i filistei» di cui davvero nessuno sente il bisogno.

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