Cronache

Anche i ricchi piangono E così decolla il "fly sharing"

Sostenere i costi degli aerei privati sta diventando proibitivo. Meglio quindi ricorrere alla condivisione delle spese. Da Milano a Ginevra o Firenze con solo duecento euro

Anche i ricchi piangono E così decolla il "fly sharing"

In tempi di crisi anche i ricchi devono stringere la cinghia. E così sempre più spesso decidono di rinunciare a un po' di comodità - e di esclusività - in nome della convenienza. È nato così il jet sharing, ovvero la condivisione dell'aereo privato. Una tendenza emersa negli Stati Uniti e radicata anche in Europa, tanto da aver segnato numeri abbastanza positivi persino in Italia. Proprio nello Stivale, con il mercato della vendita e del noleggio di queste fuoriserie dell'aria praticamente fermo - a parte qualche positiva eccezione - si cerca di risollevare il settore attraverso la condivisione. Un sistema che permette di abbattere i costi anche del 70 per cento. Esistono due distinte formule di condivisione. Da una parte il jet sharing, nel quale un cliente acquista un aereo privato con una formula che non è troppo distante da quella della multiproprietà delle case di vacanza. Dall'altro il flight pooling, che invece consiste in un accordo fra più persone con esigenze simili per noleggiare un jet privato, che in questo modo decolla pieno. Del resto, questi voli possono costare una cifra oraria che oscilla fra 1.800 e 16mila euro, in base al velivolo scelto. Mentre attraverso la condivisione è possibile fermarsi a circa 200 euro per un volo fra Milano e Ginevra o fra Milano e Firenze.
La formula sembra essere premiata dal mercato, visto che nonostante la crisi le richieste nell'ultimo anno e mezzo sono aumentate del 28 per cento, così come rivelano i dati del sito flightpooling.com. E questo a fronte di un mercato piegato dalle tasse e dai costi esponenziali.

Secondo le ultime stime rese note dalla società americana Beechcraft corporation, nel nostro Paese il 33 per cento dei jet privati di piccole e medie dimensioni è attualmente in vendita, perché le persone facoltose che anni fa avevano fatto a gara per comprarne uno hanno deciso di rinunciarci. Si tratta della percentuale di dismissioni più alta d'Europa, visto che la media continentale degli aerei sul mercato si ferma al 19 per cento. «La crisi si sta facendo sentire molto, ma colpisce soprattutto le aziende che non hanno ancora capito che il mercato è completamente cambiato», spiega Renzo Pisu, amministratore delegato di Jet Privati. «La nostra azienda è ancora in salute perché già da qualche anno si rivolge ai nuovi ricchi. In particolare all'Asia, al Sudamerica e ad alcuni Paesi dell'Africa. Gli Stati Uniti sono ancora il primo mercato mondiale, ma sono saturi con i loro 11mila aerei privati immatricolati. L'Europa è il secondo, ma deve fare i conti con la crisi - prosegue -. Non escludo che l'Asia possa superare entrambi entro dieci anni». In Italia al momento ci sono circa mille persone così ricche da potersi permettere tre voli l'anno per un ammontare complessivo di 15mila euro l'una. «Questo vuol dire che il nostro mercato vale circa 50mila euro l'anno - conferma Pisu -. Ma le vendite sono praticamente ferme, a parte qualche eccezione rara. Allora bisogna guardare all'estero, soprattutto alla Cina e alla Russia».

Paesi che stanno facendo crescere quella che ormai è la tratta più ambita del mondo: la Mosca-Nizza.

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