Roma - Sorride con la convinzione
che la Uil «ha fatto tutto il possibile», non solo per portare al salvataggio
l’Alitalia, ma anche per
non far tramontare l’unità sindacale,
in sintonia con la Cisl di Bonanni.
Ma Luigi Angeletti ha ormai maturato la
convinzione, senza
se e senza ma, che la Cgil «come
sindacato» è finita, è un corpo
morto.
Stavolta sull’Alitalia però, la Cgil
s’è mossa bene, senza colpi di
scena e mantenendo la linea Veltroni?
«No, niente colpi di scena. Anche
se non è bello vedere che un sindacalista
torna al tavolo contrattuale
perché portato permano da
un segretario di partito».
Però con la Cgil siete ai ferri corti
ugualmente. Conferma il duro
giudizio su Epifani, che non fa
più il sindacalista e si sta esercitando
in altre funzioni?
«Io non do giudizi, faccio una constatazione.
Prima delle vacanze,
dopo due anni di trattative, avevamo raggiunto
un’intesa per il commercio,
con risultati economici
buoni a giudizio di tutti, anche
della Cgil. La quale però, aggrappandosi
ad un aspetto marginale
che riguarda gli apprendisti, si è
sottratta alla firma del contratto».
Poi?
«Stessa cosa con la Confindustria.
Ora, Confcommercio e Confindustria
rappresentano la gran parte
del lavoro dipendente privato, in
questo Paese: qualcosa come 7
milioni di lavoratori. E anche qui,
a settembre hanno iniziato a dire
che non c’erano le condizioni, finendo
col rifiutare l’intesa».
Dopodiché il pubblico impiego.
«No, prima c’è stata la vicenda Alitalia
e sappiamo tutti, non è un’illazione
che se non interveniva
Veltroni la Cgil restava sul rifiuto.
Infine il contratto degli statali,
ove la questione principale riguardava
il decreto di luglio col
quale il governo toglieva agli statali il
salario accessorio, cioè quella
parte di stipendio negoziata
nella contrattazione di secondo livello:
per recuperare quel valore,
ci vogliono due contratti nazionali.
Tutto si è concentrato su questo
tema ovviamente, e quando
abbiamo raggiunto l’accordo che
reintegra totalmente quel taglio,
dalla Cgil è venuto ancora un no».
Preclusione politica al governo?
«Peggio, magari si trattasse di un
no al governo di destra o di sinistra.
Purtroppo, il quadro è ormai
chiaro: La Cgil non vuole fare accordi,
a prescindere. E i sindacati
che non fanno contratti, non esistono».
Eppure Epifani ha una formazione
socialista, come lei. Vi conoscete
bene, dunque può rispondere:
è colpa sua, o della struttura
dirigente Cgil?
«Di un segretario generale non si
può dire che fa una politica che
non condivide. Il vero problema
è che dentro la Cgil, per vari processi
politicie dinamiche interne,
si è creata una situazione per cui
l’unico modo di non dividersi è
quello di non fare niente».
Troppe anime politiche, troppo
massimalismo?
«La realtà è che pure quanti nella
Cgil esprimono da sempre una linea riformista,
non riescono più a
formare una maggioranza per
prendere decisioni».
Veniamo all’Alitalia, è soddisfatto?
«Sì, perché l’obiettivo principale,
salvare Alitalia, è stato raggiunto.
C’è ancora da lavorare, non sarà
semplice, ma l’Alitalia può tornare
protagonista».
Anche senza la firma dei sindacati
autonomi?
«Era preferibile che firmassero.
Ma è chiaro che non gli si può riconoscere
il diritto di veto».
Torniamo alla Cgil: esclude che
coltivino la suggestione di supplire
al vuoto che si è aperto a
sinistra? Insomma, la voglia di
far girare la cinghia di trasmissione
all’inverso?
«Questa è una suggestione che
probabilmente la Cgil ha avuto negli
anni ’90,quando i Ds vivevano
una situazione più articolata. Ma
con la costruzione del Partito democratico,
qualunque sia il giudizio
che se ne voglia dare, una cosa
è certa: non ci sono spazi per
supplenze. Non vedo alcuna possibilità
per un sindacato/partito».
Però l’altro ieri, sul palco di piazza
del Popolo sulla scuola, Epifani
e Veltroni hanno messo il cappello
politico su tutti voi.
«Che sia stata fatta un’operazione
mediatica per caratterizzare la
manifestazione, è
fuori di dubbio».
Bonanni è d’accordo
con lei?
«Con Bonanni abbiamo
una convinzione comune:
i sindacati
nel XXI secolo
possono sopravvivere
solo se fanno
bene il loro mestiere».
A Epifani lo avete
detto?
«Da molti anni. Anche
quando abbiamo
cercato di convincerlo
a fare l’accordo con la
Confindustria,
spiegandogli
che sarebbe stata
la costituzione
del sindacato moderno».
Insomma, la Uil
molla la Cgil per
non morire con lei?
«Il diritto dei sindacati
a esistere ed
avere una qualche
influenza, sta nel liberarsi
il più possibile
da forme di legittimazione
politica.
C’è tanta gente
che ci vede come
una variante della
politica, e questo
minala nostracredibilità.
Chi si iscrive
al sindacato, deve
sapere che anche
l’errore che tu fai è
roba tua, non lo hai
fatto per compiacere
quel politico o
quel partito».
Addio unità sindacale?
«Di certo ora, è scomparsa all’orizzonte».
E Cisl e Uil andranno per conto proprio?
«Finché dura così, è evidente. Che dobbiamo fare? Se l’alternativa è non fare nulla per stare con la Cgil che sta ferma, noi andiamo...».
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