«Vuole sapere l'unica cosa che è cambiata in un anno? È che adesso abbiamo tutti meno soldi. E lo scriva, per favore, della schifezza degli aiuti economici: qui, a parte una donazione di un privato, nessuno ci hanno dato niente. Né Comune, né Provincia, né Regione. Non abbiamo visto un euro. Ma i fondi che hanno raccolto con le sottoscrizioni, con i concerti, con le partite di calcio, vorrei sapere, che fine hanno fatto». Genova, via Fereggiano, un anno dopo. Un anno dopo l'alluvione che spazzò via sei vite e mise in ginocchio la città intera, qui nell'androne del civico 2/b, la «casa della morte» dove l'onda di fango uccise cinque donne, Shiprese Djala, le sue due bambine di 1 e di 8 anni, Angela Chiaramonte ed Evelina Pietranera trascinandole nelle cantine del palazzo, il ricordo di quella tragedia brucia ancora come fosse ieri. Per il senso di abbandono a cui sono stati lasciati gli abitanti della via più flagellata dalla bomba d'acqua, per la rabbia nei confronti di un'amministrazione che in un anno non si è mai fatta vedere, né sentire: né con un sostegno economico, né con una vera e propria strategia preventiva per evitare una volta per tutte che il dramma si ripeta. E questo, nonostante i bollettini diramati dalla Protezione civile che più volte, in questi giorni, ha dichiarato lo stato di allerta 1 per Genova, e ieri l'allerta 2 per il Levante e lo Spezzino. «Non è cambiato nulla - racconta Remo De Bello -. Sicurezza? Niente. Hanno messo dei volantini generici, ma dopo l'esperienza dell'anno scorso la gente ci arriva da sola ormai. Con il buonsenso. Anzi, se dovesse venire di nuovo una piena, non so nemmeno se il nostro muro possa resistere o meno». Il muro di cui parla Remo è quello del giardinetto condominiale che dà sulla via Fereggiano, e che l'anno scorso si sbriciolò sotto l'impeto del fiume. Sui cancelli, un lenzuolo con la scritta: «Il vuoto per le vittime fa ancora male. Ringraziamo le porcate della giunta comunale».
Il 4 novembre 2011 Remo stava rientrando a casa e solo per miracolo si è salvato. «Mi sono fatto aprire la porta, poi per istinto, ho cercato di trattenerla. Ho sentito una botta e l'acqua mi ha portato via. Mi sono attaccato alla ringhiera delle scale, ma ero col busto già dentro nel fango».
Giovanna Fontana ha visto tutto dal terrazzino, in diretta. «C'erano due persone attaccate al nostro cancello che gridavano aiuto, ma come facevo a scendere? A un certo punto c'era una macchina ferma in mezzo al fango con una signora con due bambine. Sono scese, l'onda le ha portate verso l'altro portone e sono finte tutte e tre nelle cantine». Nel cortile del palazzo c'è ancora il cancello spaccato dalla piena in mezzo a calcinacci, secchi, pale, carriole. «Abbiamo danni da 8/9mila euro a testa - continua Giovanna -. Per avere il permesso di inizio lavori il Comune ci ha fatto fare mille pratiche burocratiche a pagamento. Abbiamo aspettato mesi perché l'assessore mettesse la firma».
Più in su, lungo la via Fereggiano i lavori per mettere in sicurezza il rio che l'anno scorso esondò, sono ben lontani dall'essere completati. Sulla destra del fiume, c'è ancora la «casa rossa», di proprietà del Comune di Genova dove ha sede una ditta di serramenti che all'indomani del nubifragio si disse dovesse essere abbattuta subito, seduta stante. Tant'è, sono passati dodici mesi, e l'edificio è ancora lì. Sulle ringhiere del cantiere per allargare il letto del rio, uno striscione dice «Il Fereggiano non è stato pulito, il cittadino non è stato risarcito. Tu Comune non hai mosso un dito». Due ruspe occupano l'ingresso del cantiere, e poggiano su una grossa una collina di terra. Più avanti, sotto al tunnel, l'acqua deve ancora aprirsi un varco tra detriti e pietre. E se venisse un'altra piena? «Se lavorano quattro giorni alla settimana è già tanto, il lunedì si vedono raramente». Il signor Fontana ha un forno proprio all'inizio di via Fereggiano. L'alluvione dell'anno scorso ce l'ha stampata negli occhi, «un muro d'acqua». Ripensa alle ultime inchieste giudiziarie sul nubifragio, ai verbali taroccati per mascherare le inadempienze del Comune, all'ex sindaco Marta Vincenzi che nei prossimi giorni verrà sentita anche lei dai pm.
Ripensa a Serena, che lui conosceva, travolta dal fango mentre stava correndo con il fratello in motorino, in cerca di un riparo. E in cuor suo, sa che potrebbe accadere di nuovo. «Che vuole che le dica, è una vergogna».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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