Arriva il blitz notturno: ispezione della polizia a casa dell'ex premier

Gli agenti hanno citofonato dopo le 23 a Palazzo Grazioli per verificare che l'"affidato" ci fosse

Arriva il blitz notturno: ispezione della polizia a casa dell'ex premier

Un conto è sapere di essere affidato dai servizi sociali e di dover sottostare agli obblighi stabiliti dal tribunale. Tutt'altro conto è vedersi fisicamente arrivare la pattuglia sottocasa a controllare se davvero alle 23 di mercoledì sera Silvio Berlusconi era davvero rientrato nella sua abitazione romana di via del Plebiscito. Per la prima volta da quando il 23 aprile ha iniziato a espiare la sua pena, il Cavaliere ha subìto un controllo di polizia. Nulla di irregolare, perché i controlli fanno parte della prassi sia per i semiliberi che per gli «affidati». Ma finora nessuno era mai andato a citofonare nottetempo alla villa di Arcore per verificare che l'inquilino fosse in casa. Invece l'altra sera a Roma la ronda è arrivata. Ed è difficile che Berlusconi non abbia messo anche questo nel conto di un clima che si sta facendo pesante, dove le pressioni per una restrizione dei suoi spazi di agibilità politica sono crescenti e insistenti: da quelle di Magistratura democratica, a Micromega che raccoglie le firme contro il suo affidamento ai servizi sociali.

A risultare indigesta a Berlusconi è in particolare la sensazione che tutto nasca da una interpretazione forzata delle sue parole. In particolare di quell'aggettivo, «ridicolo», con cui ha definito l'affidamento ai servizi. «È ovvio che non mi riferivo in alcun modo né alla decisione del tribunale di sorveglianza né al percorso che svolgerò durante questi mesi alla Sacra Famiglia - ha spiegato l'ex premier a chi ha avuto modo di contattarlo in queste ore - anche perché ho già detto pubblicamente che la decisione dei giudici di sorveglianza è assolutamente positiva, anche se parte da una sentenza di condanna che considero ingiusta». E della serietà con cui intende affrontare l'esperienza di volontariato nella struttura di Cesano Boscone, ricorda Berlusconi, hanno dato atto gli stessi vertici della Sacra Famiglia nella conferenza stampa di mercoledì scorso. Ad essere politicamente ridicola è piuttosto, per il Cavaliere, l'inerzia o la soddisfazione con cui parte del Palazzo assiste alla situazione surreale di un ex presidente del Consiglio («per non parlare di quanto ho fatto come uomo di impresa e anche come sportivo») sottoposto a un trattamento rieducativo come un malavitoso o un emarginato. E di questa inerzia il sintomo più clamoroso per Berlusconi è il comportamento del capo dello Stato, che di sua iniziativa avrebbe dovuto emanare un provvedimento di grazia o almeno di commutazione della pena.

Ciò premesso, il leader di Forza Italia sa che ogni sua parola rischia di fornire lo spunto per una restrizione delle concessioni. Dopo avere letto le trascrizioni del suo intervento a Piazzapulita, il tribunale di Sorveglianza non ha ritenuto che ci fossero gli estremi per accusarlo di avere superato il limite della polemica, ma ha comunque rifiutato di allargare le maglie dell'affidamento, andando in diretta da Lucia Annunziata e tenendo comizi fuori dalla Lombardia. Ma il presidente Pasquale Nobile de Santis e il giudice Beatrice Crosti sanno di essere nel mirino dei loro stessi colleghi, pronti ad attaccarli se si mostrassero troppo morbidi.

È vero che la prassi normale del tribunale di Sorveglianza prevede che per revocare l'affidamento servano almeno tre «cartellini gialli» (una diffida del commissariato, poi una convocazione faccia a faccia col giudice, e solo in caso di ulteriore recidiva la sospensione), ma questo non viene trattato come un caso normale. E se gli venisse sospeso l'affidamento, invece che ai domiciliari il Cav potrebbe finire addirittura in cella.

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