Arrivano i primi tagli: via otto agenti da villa Calderoli

Tolto il presidio dalla casa bergamasca, ma resta la scorta. L'ex ministro: "È giusto". La decisione effetto spending review

Roma - Tra i primi e più evidenti effetti della spending review sulla sicurezza delle istituzioni c'è il nuovo look di villa Calderoli sulle colline di Mozzo in provincia di Bergamo. Quel presidio fisso di militari e agenti di pubblica sicurezza (otto persone in tutto che si alternavano nei turni quotidiani) non c'è più. La decisione di annullare il presidio di fronte all'abitazione di Roberto Calderoli è stata presa una decina di giorni fa nel corso di una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza di Bergamo.
Il servizio vedeva impegnati ogni giorno otto uomini tra carabinieri, poliziotti e finanzieri, che dovevano restare di guardia davanti alla villa anche quando l'ex ministro leghista non era presente. Un altro status symbol del potere viene meno, potrebbe commentare un po' frettolosamente qualche seguace dell'antipolitica. Il presidio, invece, si era reso necessario dopo che il parlamentare era stato colpito dalla fatwa islamica nel febbraio del 2006. E viste le conseguenze di una sua presa di posizione, che aveva causata una dolorosa reazione a catena, si potrebbe definire una misura di sicurezza effettivamente necessaria. Calderoli era entrato nel mirino degli estremisti islamici dopo che aveva mostrato una maglietta che riproduceva una vignetta satirica contro Maometto nel corso di un'intervista al Tg1.
La «bravata» di Calderoli (di cui si è poi ampiamento pentito) aveva avuto strascichi tragici a Bengasi in Libia dove, nel corso di un tentativo di aggressione al consolato italiano, la polizia uccise undici manifestanti. Oltre agli uomini del presidio fisso, Roberto Calderoli dispone anche di una scorta personale (che è stata mantenuta) formata da otto agenti, quattro a Roma e quattro a Bergamo. Un servizio, questo, che aveva a suo tempo scatenato le proteste dei sindacati di polizia Ugl e Siulp, visto che negli ultimi due anni era costato, secondo le stime fornite dagli stessi sindacati, 900mila euro.
Il senatore leghista ha così spiegato l'intera vicenda al quotidiano L'Eco di Bergamo: «Sono tornato un uomo libero.

È una decisione che non fa seguito alle polemiche sulla scorta del presidente della Camera Gianfranco Fini, ma concordata una decina di giorni fa dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, nell'ottica di un ridimensionamento generale delle scorte. A tutti è stato abbassato di un grado il livello di sicurezza, e trovo che sia giusto».

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