Articolo 18, Monti salva il posto a Bersani

Il Prof snatura il ddl. Passa la modifica scritta dal Pd Damiano: ultima parola al giudice anche in caso di licenziamenti economici. Indennizzi da 12 a 24 mensilità

Articolo 18, Monti salva il posto a Bersani

Roma - Accordo al ribasso per la riforma del lavoro. Monti, che aveva disegnato un «purosangue» su articolo 18 e licenziamenti, è di fatto costretto a un dietrofront e presentare un «ronzino» alle Camere. Ha ceduto il Professore, pena il rischio di mettere a repentaglio la vita stessa del suo governo «strano». Il Pd non avrebbe garantito il suo appoggio alla riforma prima versione, Napolitano non avrebbe gradito forzature, la Cgil avrebbe incendiato le piazze ancor più di quanto farà. Risultato: in conferenza stampa il premier illustra ed elogia un provvedimento che avrebbe voluto differente. «È una riforma di rilievo storico per l’Italia», dice. E ancora: «Abbiamo ascoltato tutti i soggetti e abbiamo fatto una sintesi».
La sintesi, appunto, modifica il cuore della riforma, i licenziamenti economici. Torna il reintegro anche se solo in casi particolari e limitati. «Se c’è manifesta infondatezza nel licenziamento per motivo economico, il giudice può decidere la reintegrazione, mentre negli altri casi vale l’indennizzo», spiega il ministro del Lavoro Elsa Fornero. Il testo recita appunto che, oltre all’indennizzo «il giudice può altresì applicare, in caso di manifesta insussistenza del licenziamento per giustificato motivo oggettivo», la reintegrazione del lavoratore.
Una ciambella di salvataggio per Bersani, in evidente crisi. Chiaro che il premier avrebbe voluto il provvedimento ben più radicale e soprattutto l’avrebbe licenziato con ben altri tempi. Il ministro Fornero, accanto a lui in conferenza stampa, scivola persino su un lapsus: «Il nostro decreto legge...», dice. Mormorii in sala. «Mi correggo: disegno di legge». Certo, se fosse stato un decreto legge il provvedimento sarebbe stato diverso.
La parte che scontenta imprese non è solo quella sul ritorno del reintegro. C’è onere della prova che - spiega lo Bersani - va al datore di lavoro. Per il resto sull’articolo 18 è confermato l’impianto che il documento di marzo. Uno «spacchettamento» dei licenziamenti in tre tipologie. Ci sono quelli discriminatori, per i quali la normativa rimane immutata. Quelli per giusta causa che, se impugnati, potranno sfociare in reintegri o indennizzi. Questi ultimi sono stati attenuati: 12-24 mesi di stipendio invece dei 15-27 previsti nella bozza. Confermato il rafforzamento della conciliazione. In caso di licenziamenti economici (motivo oggettivo) la Direzione territoriale del lavoro convoca il datore di lavoro e il lavoratore. «Il sindacato avrà un ruolo», sintetizza Fornero.
Le altre modifiche riguardano la flessibilità in entrata. Il compromesso Pd-Pdl consiste proprio nel concedere qualcosa al centrodestra sulle tipologie contrattuali. Sulle partite Iva, e sui altri contratti flessibili, si lascia un anno di tempo alle aziende per adeguarsi alla nuova normativa. I nuovi limiti sull’apprendistato valgono solo per le nuove assunzioni. E il rapporto tra nuovi apprendisti e assunti regolare è passato dall’uno a uno, a 3 a 2. «Il tempo determinato deve diventare dominante», spiega il ministro, e «l’apprendistato sarà la fase iniziale del lavoro a tempo indeterminato. Questo sì è un modello tedesco e vorremo diventasse la regola del nostro sistema produttivo».
Resta la stretta sui contratti a termine, con i nuovi intervalli (a seconda che durino meno o più di sei mesi, 60 e 90 giorni invece degli attuali 10 e 20). Poi l’inasprimento della contribuzione. «Il tempo determinato - è l’argomento di Fornero - costa un po’ di più per dare contributo di disoccupazione a tutti gli altri». Cioè serve a finanziare l’Aspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego che sostituirà dal 2013 la mobilità e alcune indennità di disoccupazione.
Manca il capitolo sul pubblico impiego, ma arriverà con una delega quando il ministro Filippo Patroni Griffi avrà chiuso il tavolo con i sindacati.
In teoria resta la possibilità che il testo venga ulteriormente modificato. Monti, però, si limita a dire: «Non sfugge a nessuno tra le forze politiche che la tempestività nell’approvazione della riforma sia importante quanto la qualità del prodotto».
Il Pd esclude blindatura.

«Siamo di fronte a un disegno di legge non vedo la necessita di porla - spiega Cesare Damiano, ex ministro del lavoro e regista del compromesso sull’articolo 18 - Risolti i problemi più grandi, il Parlamento può limare il testo in altre parti, attraverso la normale dialettica politica».

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