RomaLa colazione in quel di Arcore quasi gli è andata di traverso quando sui giornali s'è trovato a leggere una vera e propria sfilza d'interviste degli ex An pronti a puntualizzare, precisare, perfino minacciare diaspore e strappi. Una «reazione sproporzionata», spiega Berlusconi a chi ha occasione di sentirlo al telefono durante la giornata. Un «accerchiamento» organizzato «per mandarmi un segnale», insiste il Cavaliere con i suoi. Ed è questo che non gli va davvero giù. Perché dopo essere stato costretto a smentire l'intervista a un giornale importante come la Bild («l'ho fatto solo perché me lo hanno chiesto loro») si è pure dovuto sorbire chi lo avvertiva di non voler essere «suddito» nel suo partito. «Ma di che sudditanza parlano se gli ho aperto le porte di casa mia e hanno fatto quel che volevano fino ad oggi?», si sfoga in privato l'ex premier. E ancora: «Si sono dimenticati fin dove sono arrivati grazie a Berlusconi?». Insomma, anche se la parola «ingrati» pare non l'abbia pronunciata il senso è più o meno questo.
Nonostante i distinguo e le sfumature, infatti, il Cavaliere sa bene che quel che non va giù agli ex An è l'annuncio della sua discesa in campo. Ma - è il senso dei suoi ragionamenti - ogni decisione sarà legata all'ottenere il risultato migliore. Berlusconi, insomma, sta «sondando» il terreno. E se presentarsi candidato premier porterà più punti percentuali allora lo farà. Stesso discorso per il nuovo nome del partito: sarà quello con più appeal, quello che piace di più alla gente. E se i focus group di Alessandra Ghisleri diranno che la scelta migliore è proprio Forza Italia gli ex An se ne dovranno fare una ragione. Insomma, «io gioco per vincere e di tutto il resto poco mi interessa».
Detto questo, resta il fastidio per un'alzata di scudi che Berlusconi continua a definire «sproporzionata» per tutta la giornata nonostante sia ben consapevole che dietro lo scontro è già in corso la guerra delle liste elettorali. Una diaspora, infatti, non è nei fatti così semplice come qualcuno vorrebbe far credere. Non solo perché gli ex An hanno sul punto posizioni diverse, ma anche perché il patrimonio aennino è congelato nella contesa con il Fli e per fare una campagna elettorale qualche lira fa comodo. Un'irritazione data dal fatto che «gli ex An non possono pensare né di dettare legge né che la destra possa essere protagonista nel partito». Una componente importante, certo. Ma non l'unica. Soprattutto se l'idea è quella di «rilanciare sul centro». Insomma, quando Berlusconi parla di Forza Italia - questo è il suo ragionamento - non intende in senso nostalgico, ma pensa ad un partito di centrodestra moderno che sia sì liberale ma anche cattolico e aperto alla società civile. Che possa contrastare, insomma, il progetto di allargamento di Casini o un'eventuale discesa in campo di un Montezemolo che pare nelle ultime settimane abbia contattato molti parlamentari e consiglieri regionali del Pdl. È al centro, insomma, che si gioca la partita.
Così, mentre gli ex An (Alemanno e Meloni in testa) insistono per fare le primarie anche con Berlusconi, gli ex Forza Italia cercano di gettare acqua sul fuoco. «La proposta che Berlusconi ha, con pieno diritto, indirizzato al partito è un'importante occasione di chiarificazione e di definizione della nostra agenda politica. Non è certo il nome, come è stato da più parti osservato, a indicarci le cose da fare», spiega l'ex ministro Gelmini. Mentre il segretario del Pdl Alfano cerca di tranquillizzare gli ex An, invita a «restare uniti» e spiega che «nel nostro partito non ci sono regnanti o sudditi».
Sulla stessa linea il capogruppo alla Camera Cicchitto: «Va mantenuta l'unità di tutti coloro che hanno dato vita al Pdl, possibilmente facendo a meno di battute polemiche su una pretesa sudditanza che finora nessuno certamente ha manifestato o subito».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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