Già indebolite dalla crisi, le piccole imprese soffocano per mancanza di liquidità; una malattia ormai endemica nel nostro Paese, dove le Pmi rappresentano la maggioranza del tessuto economico, e le banche hanno chiuso i rubinetti del credito ormai da tempo. Ma l'allarme ora supera i confini nazionali e diventa l'emergenza numero uno in Europa. Lo ha messo nero su bianco la stessa Bce, che nel suo ultimo rapporto sul semestre ottobre-marzo indica le piccole e medie imprese italiane, insieme a quelle spagnole, come le principali vittime del credit crunch: assetate di prestiti per sopravvivere, a causa del deterioramento degli utili e del fatturato, e impossibilitate a ottenerli. Anche perché la liquidità delle banche è impiegata altrove, soprattutto in titoli di Stato. Non a caso, l'asta dei Bot di ieri è stata un successo senza precedenti: il Tesoro ha venduto 8 miliardi di titoli a sei mesi, a fronte di una richiesta di 11 miliardi, ossia 1,4 volte l'offerta, con tassi allo 0,503%, il minimo da quando esiste l'euro. E lo spread Btp-Bund è stabile a quota 285 punti base, così come stabile è il rating del nostro Paese, confermato in serata da Moody's dopo le precedenti minacce di taglio.
Ma l'uscita dal tunnel della crisi è tutt'altro che vicina: gli utili delle piccole e medie imprese dell'Eurozona continuano a peggiorare, con un -33% a cui «le Pmi di Italia e Spagna - nota con preoccupazione la Bce - hanno contribuito di più». Già, perché l'Europa è ormai a due velocità, anche nei bilanci aziendali: così, mentre la Germania guida i Paesi dove la riduzione dell'indebitamento rispetto all'attivo continua, in Italia succede l'esatto contrario. E i prestiti in essere alle imprese, piccole e grandi, sono scesi del 3% a marzo a 864 miliardi, ancora più di quelli alle famiglie, che sono diminuiti dell'1,3% a 607 miliardi. Secondo il rapporto, le Pmi italiane «hanno contribuito più di tutte all'aumento netto della necessità di prestiti bancari e aumento dello scoperto».
Un primato negativo, già segnalato nei giorni scorsi dal Fondo monetario internazionale: «Una parte del sistema aziendale italiano sta entrando sotto stress - avvertiva il Fmi - e nel caso di stagnazione prolungata aumenterebbe il rischio di insolvenze». Infatti, uno dei motivi per cui le banche italiane non prestano come dovrebbero è proprio lo scenario di recessione. Preoccupate all'idea di perdere una parte dei loro prestiti, le banche preferiscono impiegare la liquidità acquistando Btp: solo in marzo ne hanno comprati per 10 miliardi.
Del resto, la quota di titoli di Stato, non solo italiani, in portafoglio alle banche del nostro Paese, sta aumentando a vista d'occhio: secondo la Bce sono saliti a marzo a 389,5 miliardi di euro contro i 378,5 del mese precedente. Lo stesso fanno le banche spagnole, ma su scala inferiore. Gli stessi Paesi dove le Pmi registrano un inasprimento dei tassi (62% l'Italia, 66% la Spagna) e delle garanzie richieste per i prestiti. Solo in Grecia le aziende hanno maggiori difficoltà a ottenere credito: -46% le risposte positive rispetto al periodo marzo-settembre 2012, ma immediatamente dopo ci sono Spagna (-38%) e Italia (-34%). Esattamente il contrario di quanto sta succedendo in Germania, dove la disponibilità delle banche migliora (+6% il saldo delle risposte delle imprese).
Una situazione davanti alla quale «bisogna reagire - dichiara il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani,
responsabile per l'industria - continuando a lavorare per eliminare i ritardi nei pagamenti e favorire l'accesso al credito», aggiungendo che «potrebbe aiutare le imprese» anche il previsto taglio dei tassi da parte della Bce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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