"Basta coi contratti a progetto: sono il simbolo dell’ipocrisia"

Il senatore del Pdl: "Regole moderne al posto dei cocopro. Sull'articolo 18 niente pasticci oppure lasciamolo com'è"

"Basta coi contratti a progetto: sono il simbolo dell’ipocrisia"

Maurizio Sacconi, la prima Conferenza nazionale del Pdl sul lavoro cade in piena riforma Monti-Fornero.
«Noi ci sentiamo impegnati, nonostante le fatiche inevitabili nel rapporto con il nostro elettorato, a sostenere il governo Monti proprio nella misura in cui esso si rivela utile a realizzare il completamento delle nostre azioni di riforma, a loro volta concordate con l’Europa».

Condividete la filosofia di fondo contenuta nel documento del governo?
«Dal 2001, con il Libro Bianco di Biagi, lavoriamo per conciliare flessibilità organizzativa delle imprese e sicurezza dei lavoratori. Tra la Legge Biagi e la crisi si sono prodotti oltre un milione e mezzo di posti di lavoro in più. Ora quel percorso va completato».

Un punto in comune è quindi la volontà di modificare la disciplina sui licenziamenti?
«Per incoraggiare le imprese ad assumere e intraprendere occorre che la riforma sia fatta di norme semplici e certe».

Cosa significa certezza in questo caso?
«Se un imprenditore assume, soprattutto se piccolo o medio, deve sapere cosa potrà accadere in caso di rottura del rapporto fiduciario o dell’equilibrio economico che sostengono un posto di lavoro».

C’è una stretta sui contratti in entrata. E questo investe anche scelte che hanno fatto i governi dei quali ha fatto parte...
«Abbiamo disegnato un nuovo apprendistato quale modo tipico di entrare nel mondo del lavoro. Biagi è incredibilmente considerato anche padre dei cococo e cocopro. Fu l’allora segretario confederale della Cisl Raffaele Bonanni a volere una migliore definizione dei cococo, che erano esplosi, per l’assenza di regole, negli anni Novanta sotto gli occhi distratti di una sinistra ipocrita».

Oggi servono?
«Oggi, se saremo capaci di una regolamentazione più moderna sul resto, possiamo cancellare quel simbolo dell’ipocrisia. Bisogna contemporaneamente mantenere una regolamentazione semplice per l’apprendistato, per i contratti a orario modulato, come il part-time e il lavoro intermittente, per i contratti a termine e per gli stessi voucher con i quali sono stati regolarizzati, ma solo nel Nord, molti spezzoni lavorativi sommersi».

Cioè tornare alla riforma dell’apprendistato che lei ha fatto da ministro ed è stata accettata anche dalla Cgil?
«Sì. Bisogna riconoscere che l’azienda è l’ambiente formativo più idoneo per il lavoratore senza eccessivi oneri burocratici».

La riforma incide soprattutto sul contratto a tempo determinato.
«È già regolato da una direttiva europea che non consente di superare i 36 mesi».

Veniamo all’articolo 18. Ha già accennato che serve trasparenza e semplicità per incoraggiare gli imprenditori ad assumere...
«O la riforma è chiara o conviene non modificarlo».

Quella uscita dal Consiglio dei ministri di venerdì come è?
«La minima innovazione consentita. Meno di quello che c’è, non avrebbe senso. Altrimenti si corre il rischio che in dialetto sintetizzo con “el tacon peso del buso” (la toppa è peggiore del buco, ndr)».

Avete criticato il ricorso al disegno di legge...
«Presumo che Monti non abbia avuto un via libera né politico né istituzionale al decreto legge, visto che più volte in passato ha espresso la convinzione della necessità e urgenza di una riforma in materia di lavoro. Ma deve essere chiaro che il percorso di un disegno di legge nella materia più divisiva, peraltro nell’ultimo anno di legislatura, rischia di diventare un vero e proprio Vietnam con esiti imprevedibili. Magari un nulla di fatto o, peggio, una controriforma».

Ora la scelta per il ddl è fatta. Il Vietnam è inevitabile?
«Vogliamo incoraggiare Monti, come ha sottolineato il presidente Schifani, a individuare un percorso accelerato, sostenuto da una preliminare condivisione della sua maggioranza. E il governo deve indicare quali punti della riforma non sono negoziabili».

Voi farete ulteriori proposte?
«Lunedì presenteremo il testo definitivo del nostro Manifesto per il lavoro e il segretario del Pdl Angelino Alfano darà una risposta ancora più completa sul nostro impegno per la crescita, l’occupazione e i salari attraverso una moderna regolazione del lavoro e delle relazioni industriali.

Vogliamo che i salari crescano ovunque ci sono le condizioni, sulla base di accordi aziendali per i quali chiediamo si mantengano le riduzioni da noi disposte per le tasse e per i contributi. Apriremo una stagione di impegno politico del Popolo della libertà per il lavoro, considerando come punto di arrivo quel passaggio dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori che aveva indicato Marco Biagi».

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