"Basta condanne a vita" È guerra contro l'ergastolo

Tra i referendum proposti dai Radicali c'è anche quello che chiede l'abolizione della massima pena per superare il concetto del carcere come vendetta sociale

"Basta condanne a vita" È guerra contro l'ergastolo

Roma - Fine pena mai. È la formula per chi è stato condannato all'ergastolo, che i Radicali vorrebbero non ascoltare più. Tra i sei referendum del pacchetto giustizia che fanno parte dei dodici complessivi sui quali stanno raccogliendo le firme, è questo il più controverso. Anche il Pdl, che sta sostenendo con convinzione i quesiti che vorrebbero introdurre la separazione della carriere tra giudici e pubblici ministeri, rendere effettiva la responsabilità civile dei magistrati per i loro errori, sbianchettare lo scandalo dei giudici «fuori ruolo» con doppio stipendio e limitare l'abuso della custodia cautelare, su questo tema si mostra tiepido. C'è chi, come Renato Brunetta, ha espresso una personale sensibilità all'argomento del referendum, definendo l'ergastolo una cosa «incivile». E chi, come il senatore Francesco Maria Amoruso, si è detto perplesso: «L'abolizione dell'ergastolo non mi sembra un problema effettivo. E poi potrebbe urtare alcune sensibilità». In ogni caso il Pdl non sembra intenzionato ad azzoppare un pacchetto di quesiti che si pone come una sorta di riforma extraparlamentare della giustizia italiana.

Perché abolire l'ergastolo? Innanzitutto va detto che in Italia esistono due tipi di ergastolo: quello normale concede al condannato la possibilità di usufruire di permessi premio, semilibertà o liberazione condizionale. Quello ostativo - strumento solo italiano - nega invece al detenuto ogni beneficio penitenziario, a meno che non sia un collaboratore di giustizia. Ed è proprio questo tipo di pena, secondo i proponenti del referendum, a essere contrario alla Costituzione, perché l'articolo 27 della carta stabilisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Naturalmente non può esserci alcuna rieducazione se la prospettiva del condannato è quello di morire in cella. C'è poi una finalità più filosofica: abolire il carcere a vita secondo i Radicali vuol dire superare il concetto di pena come vendetta sociale. Un'idea questa che certo non si concilia con la sensibilità di chi, da familiare di una vittima di un efferato delitto, vede nella condanna al massimo della pena del colpevole una forma di parziale risarcimento morale. Ed è questo il motivo per cui è piuttosto imprevedibile la risposta degli italiani a questo tema. Già nel 1981 un identico referendum venne bocciato dagli elettori, che si espressero con grande maggioranza (l'85,10) per il «no» alla cancellazione dell'ergastolo.

I tempi però sono cambiati e non è detto che oggi il risultato sarebbe lo stesso. Che l'abolizione dell'ergastolo sia un tema di attualità del resto lo dimostra la recente sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, che ha definito il carcere a vita una «violazione dei diritti umani» quando non preveda alcuna possibilità di liberazione anticipata o quando non sia previsto che il condannato possa a un certo punto chiedere a un organismo indipendente dal governo una revisione della sentenza o un alleggerimento di pena.

Di recente Papa Francesco ha deciso di abolire l'ergastolo nella Città del Vaticano. E in Europa Paesi come Svezia, Spagna e Portogallo hanno già da tempo fatto la stessa. Altri, come la Svizzera, mantengono l'ergastolo solo formalmente.
(5 - continua)

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica