Belsito, Natale al bancomat: prese 73mila euro in 11 giorni

I quattrini procurati all'ex tesoriere dall'amico d'affari in Africa. I pm: "Almeno 200mila euro ai figli di Bossi, altrettanti al Sinpa della Mauro". E spuntano i nomi di Calderoli e Maroni Perquisizioni: Milano - Napoli - Reggio Calabria

Belsito, Natale al bancomat: prese 73mila euro in 11 giorni

Natale al bancomat. Ufficialmente, Leopoldo Caminotto fa lo chaffeur. Scarrozza Stefano Bonet, imprenditore veneto già amministratore della Polare scarl e della Marco Polo Technology. Lo «shampato», lo chiamano al telefono. Società che fanno affari con la Siram, colosso dei servizi energetici controllata dai francesi di Veolia e Edf. Affari strani, per i pm che indagano sui conti della Lega. Milioni di euro che girano tra società, «movimenti circolari di denaro fittiziamente giustificati con fatture relative a costi per ricerca e sviluppo». Un trucco. Un gioco delle tre carte per far sparire i soldi. E il padrino politico di quelle operazioni sarebbe proprio Francesco Belsito, ex tesoriere del Carroccio. A cui Bonet versa in cambio bonifici o contanti. E quando c’è da recuperare il denaro cash, Caminotto sveste i panni dell’autista e indossa quelli del collettore. Carta di credito alla mano. Decine di migliaia di euro prelevati in pochi giorni, e da girare a Belsito. Che arriva a bordo della sua Porsche Panamera, e incassa.

ALLO SPORTELLO

Caminotto è «orgoglioso di essere stato coinvolto da Bonet in fatti di così tanta importanza». Ma allo stesso tempo ha «paura per una possibile rapina di cui poteva essere vittima visto il denaro» che aveva con sé. Quello raccolto in pochi giorni, da 24 dicembre scorso al 3 gennaio. L’autista batte i bancomat di mezzo Veneto. E nel giro di undici giorni, effettua 43 operazioni allo sportello per prelevare denaro contante. In totale mette insieme poco più di 73mila euro, 35mila dei quali tra la vigilia di Natale e il 28 dicembre. Gli altri 38mila tra il 29 dicembre e il 3 gennaio. «Tutti prelevamenti - scrivono i magistrati - effettuati nel circondario veneto e in una ravvicinata sequenza oraria». Belsito arriva con la sua Panamera, frutto del «pagamento di un’intermediazione svolta dal politico per l’accaparramento da parte della Polare di un contratto di consulenza». E prende i soldi.

IL VORTICE DI MILIONI

Come si fa a far sparire un po’ di denaro? I pm seguono gli affari di Bonet con la Siram. E notano qualcosa di strano. In particolare, il 24 febbraio del 2010. Quando 3,4 milioni di euro viaggiano dall’azienda energetica alla Polare. Lo stesso giorno, 3,2 milioni passano dalla Polare alla Fintecno (altra società del gruppo), assieme ad altri 152mila euro. Nell’arco delle 12 ore, Fintecno retrocede a Siram 2,9 milioni, e 138mila euro. «Il trasferimento di denaro fra le società è alquanto astruso e per certi aspetti incomprensibile e illogico». Insomma, sarebbe tutto falso. Un giochino per creare crediti di imposta. E fondi neri usati anche, secondo i pm, per oliare lo sponsor politico.

I COLONNELLI

E il legame tra Belsito e Bonet è solido. Tanto che sarà il faccendiere a occuparsi di investire a Cipro i 6 milioni di euro prelevati dalle casse di via Bellerio, e depositati su un conto gestito da un altro indagato: Paolo Scala, sentito ieri dai pm milanesi. Un personaggio (e un interrogatorio) chiave, tanto che il suo verbale è stato secretato. Ma la gestione «allegra» della cassa da parte di Belsito non sarebbe stata sconosciuta all’interno della Lega. Nell’informativa consegnata dai carabinieri del Noe alla procura di Napoli, infatti, compaiono alcune intercettazioni che riguardano Roberto Maroni e Roberto Calderoli. Una delle ipotesi investigative è che le spericolate operazioni finanziarie possano aver ricevuto la benedizione da qualcuno che siede ai piani alti del Carroccio. Maroni e Calderoli, al telefono con Belsito, discutono degli investimenti fatti con i fondi del Carroccio dall’ex tesoriere. Lui che, in un’altra conversazione del 24 febbraio, spiega a Romolo Girardelli (il contatto fra Belsito e gli uomini della ’ndrangheta) che «per sé non aveva preso nulla, perché sono serviti a soddisfare le esigenze di altri». Secondo gli inquirenti si tratterebbe delle «esigenze personali dei familiari di Umberto Bossi». Si tratterebbe di oltre 200mila euro per i figli del Senatùr e di una cifra tra i 200 e i 300mila euro per le spese del SinPa, il sindacato padano fondato da Rosi Mauro. Un’ombra sulla trasparenza degli investimenti la gettano le parole di Scala, intercettato al telefono. «Tranquillo», dice a Bonet a proposito degli investimenti a Cipro. I soldi «non hanno problemi a entrare e non avranno problemi a uscire. Escono dall’Italia, ma prima di arrivare dove devono arrivare fanno due processi di filtrazione, per cui la cosa è tranquilla».

OMONIMIE?

Girardelli è al telefono con Bonet. Gli riferisce che «aveva fatto presente a Belsito che avrebbe continuato la sua collaborazione con Bonet», ma «negando ogni possibile aiuto al politico, il quale voleva che intraprendesse analoga collaborazione con tale Boni». In Lombardia, un Boni c’è.

È il leghista Davide Boni, presidente del Consiglio regionale sotto inchiesta a Milano per corruzione. Ma nella conversazione, quel «Boni» è detto «il Pizzetto». E la barba, il politico lombardo, non l’ha mai avuta. Un problema di meno. Una magra consolazione.

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