Beppe, per colpire i giornalisti abolisci l'Ordine

In questo periodo Beppe Grillo ce l'ha, con esiti nefasti per la sua causa, coi giornalisti. Lungi da me difendere la categoria. Ho scritto in passato che non sono una casta ma una scuderia di asini, attirandomi appunto parecchi calci dalla citata specie equina. Ora queste pedate le sta assaggiando Grillo. Il quale esagera con gli attacchi personali e si squalifica con gli insulti e con la cacciata delle telecamere dai suoi comizi.
Grillo vuoi incornare davvero i giornalisti? Te la do io la ricetta. Già la conosci, ma te la rinfresco: concentra i tuoi parlamentari su un punto che davvero toglierebbe alla corporazione di cui mi disonoro di far parte l'armatura che serve a tutelare i mediocri e la spada con cui trafiggono coloro che non si inchinano al conformismo (...)

(...) mancino dei padroni dei giornali e delle tivù.
Insomma: fa' approvare la legge per l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti. Se vuoi fare un torto ai cattivi giornalisti e lasciare spazio a quelli bravi, e dunque beneficiare il popolo, elimina questo residuo feudale. Questa sì sarebbe una battaglia da rivoluzione liberale. Trasformerebbe il giornalismo in una competizione tra i migliori, garantendo a ciascun cittadino per il fatto stesso di essere capace di scrivere, parlare e persino forse di pensare, la possibilità di esercitare il mestiere più antico del mondo. Che non è quello che tramanda la vulgata, ma è il giornalismo (anche se ci sono indubitabili parentele tra le due pratiche commerciali, se non altro perché esigerebbero entrambi di battere i marciapiedi).
Il primo fu Dio, che mi risulta fece una bellissima intervista a Caino. Oggi, se vivesse in Italia, pur essendo il Padreterno sarebbe denunciato dall'Ordine dei giornalisti per esercizio abusivo della professione.
Scherzo, ma mica tanto. Questo compito di delazione alle procure è affidato espressamente dalla legge ai capi di questo Ordine, di cui non vi faccio i nomi perché li dimentichereste subito. Mai letto un articolo di costoro.
In compenso impediscono quelli degli altri. Sallusti ed io abbiamo assaggiato questa attitudine a sostenere la libertà di stampa dell'Ordine dei giornalisti. Personalmente ho rischiato la radiazione, Sallusti ancora adesso ha qualche carico pendente. Ad entrambi - sono certo di parlare anche in nome di Alessandro - fa più paura la congrega delle penne di quella delle toghe. Queste ultime ti possono sbattere in galera, e non è una bella esperienza. Ma non hanno il potere di metterti il bavaglio. L'Ordine sì. I suoi Alti Papaveri ti possono togliere, mandando al diavolo la Costituzione e la Dichiarazione universale dei diritti umani, il diritto alla libertà di espressione e quello al lavoro.
Ho letto i brillanti articoli di Pierluigi Battista sui grillini. A causa delle sue critiche abrasive è stato vilipeso, ed è una vergogna. Una notizia fornita tramite lui dal Corriere era però sbagliata: ha sostenuto che i grillini non avevano depositato proposte normative significative. Ce n'è invece una grande e grossa: il 10 aprile hanno depositato al Senato un disegno di legge per abolire l'Ordine dei giornalisti. L'hanno firmata Crimi e tutti e 54 i senatori M5S. Io credo che qualunque spirito un tantino liberale dovrebbe associarsi.
È in calendario? Figuriamoci. Non mi aspetto nulla. Ma forse Grillo almeno questo miracolo potrebbe farlo. Nella scorsa legislatura al Senato ci provò Raffaele Lauro del Pdl. Era il 10 dicembre del 2010. Il ddl fu prontamente assegnato ai lavori della commissione previsti per il 5 gennaio del 2011. Trascrivo la sorte dell'atto n. S. 2496. Il sito senato.it riporta sulla lapide: «Assegnato (non ancora iniziato l'esame)». Peccato che intanto la legislatura sia finita. Stessa sorte è capitata alla buona volontà di Guglielmo Picchi e Gabriella Carlucci del Pdl, i quali avevano presentato una analoga proposta di legge alla Camera. Impressiona notare che la stessa scritta è apposta sul tumulo della proposta catalogata come Atto Camera 2083 firmato da Margherita Boniver, Stefania Craxi e Paolo Romani: «Assegnato (non ancora iniziato l'esame), 31 gennaio 2007». Io sono risalito indietro, fino agli anni '70. Mai affrontato. Perché? Che potere ha l'Ordine per impedire anche solo di discutere della sua realtà di ente inutile anzi dannoso? Destra o sinistra al governo, il risultato è identico: zero. Fa comodo a tutti, anzi a quasi tutti, il permanere dell'Ordine, anzi del Disordine. Perché è tale qualunque cosa che comprima la libertà. Infatti non esiste nel Paese che ha inventato la democrazia moderna, e cioè il Regno Unito. Peraltro non c'è da nessuna parte, salvo a quanto mi risulta in Romania, e forse in Portogallo che lo ereditò da Salazar.
Che sia una gigantesca assurdità tenere in piedi questa baracca, lo dimostrò a suo tempo Luigi Einaudi, presidente della Repubblica e liberale a tutto tondo. «L'albo obbligatorio è immorale, perché tende a porre un limite a quel che limiti non ha e non deve avere, alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell'albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti». Lo citò anche Beppe Grillo quando lanciò nell'aprile del 2008 un referendum sul tema. Non raggiunse il numero necessario di firme per sbagli procedurali, ma ci provò. A quei tempi, dopo aver esibito il manifesto liberale, tirò dalla sua parte anche la buonanima di Enrico Berlinguer. Il quale da sinistra confermò: «Io sono contrario al requisito di qualsiasi titolo di studio per la professione di giornalista, perché considero questo come una discriminazione assurda, una discriminazione di classe, contraria alla libertà di stampa e alla libera espressione delle proprie opinioni».
Ora le proposte di legge contro la diffamazione - una vergata dagli eccellenti Brunetta e Gelmini, la seconda firmata da Costa, infine, a quanto si sa, quella in corso di elaborazione bipartisan - prevedono tutte, invece del carcere, la sospensione per un congruo periodo di tempo dall'Ordine professionale.
Provo a spiegare l'assurdità incostituzionale di questa eventuale pena. Va contro il diritto al lavoro. Ma va anche contro l'art.3 che prevede l'uguaglianza dei cittadini. Ci sono personaggi come Francesco Giavazzi, Adriano Sofri, Giampiero Mughini che non sono iscritti all'albo e scrivono (giustamente ben pagati) in prima pagina su giornali importanti. Loro possono scrivere quel che vogliono e non essere puniti?
C'è una ragione ancora più seria. È la carica intimidatoria insita in questa possibilità. E mi spiego con un esempio. Nel 1995 Il Giornale da me diretto condusse la memorabile battaglia di moralizzazione e di critica ai potenti chiamata Affittopoli. Nel corso della decima puntata dell'inchiesta, ne mancavano ancora circa altrettante, incorremmo in un errore materiale clamoroso. Un caso di omonimia. Non controllammo. Giusto pagare i danni. Se fossi stato sospeso o ci fosse stata la minaccia di questo provvedimento, col cavolo che l'inchiesta sarebbe andata avanti. Il bene collettivo del diritto non solo ad informare ma ad essere informati esige che gli errori si paghino ma si proceda lo stesso a far sapere come vanno le cose dei potenti.
Per difendere la libertà di stampa basta la Costituzione. Per tutelare i cittadini dalla diffamazione basta la legge. Soprattutto esiste il Grande Inquisitore, che premia e punisce, ed è la coscienza dei lettori, alla quale ciascuno di noi quando scrive si rivolge.
Dunque, signori senatori e deputati di destra, sinistra, centro, sopra e sotto, grillini e no, accordatevi sul punto.

Eliminate il baraccone, sfrondate la burocrazia soffocante di questo Paese. Poi ci saranno sempre bravi e cattivi giornalisti. Ma non ci sarà nessun Organo da Stato Etico dotato di forbice per tagliare la lingua e le dita che battono i tasti.

di Vittorio Feltri

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