Il coup de théâtre arriva davvero a sorpresa. Perché quando Monti mette piede dentro la sala dell'Academie Royale de Belgique che ospita il vertice del Ppe ad essere informati del suo arrivo sono in pochissimi. Il presidente del Partito popolare Martens, alcuni dei vicepresidenti tra cui Tajani e Berlusconi. Un invito, quello al premier italiano, che Martens spiega con l'esigenza di «un chiarimento» con il Cavaliere. E che trasforma il tradizionale pranzo dei leader del Ppe che precede il Consiglio europeo in una celebrazione del lavoro portato avanti dal Professore.
Parlano tutti durante la riunione. E se Monti lo fa per spiegare le ragioni delle sue dimissioni, Berlusconi insiste invece sull'invito al premier a scendere in campo. Lo dice chiaro il Cavaliere davanti alle telecamere: «Ho ricordato al Ppe di aver chiesto a Mario Monti di essere il riferimento per il Pdl nonostante questo crei qualche problema con la Lega». L'ex premier, insomma, ha formalizzato con i vertici del Partito popolare europeo la sua disponibilità ad appoggiare una candidatura del Professore che «non ha fatto che continuare quello che avevo iniziato io». I giornalisti obiettano che è stato proprio il Pdl ha togliere la fiducia a Monti con la doppia astensione della scorsa settimana e con il durissimo intervento alla Camera di Alfano (citato durante il pranzo proprio dal Professore). Perché ora il Pdl dovrebbe sostenerlo? Perché, spiega il Cavaliere, questo governo è stato vittima delle pressioni del Pd e della Cgil, mentre se Monti fosse appoggiato da una coalizione di centrodestra potrebbe fare politiche diverse.
Ma la parola la prendono anche gli altri leader del Ppe, dalla Merkel a Barroso passando per Junker e Martens. Tutti per elogiare Monti, la Merkel per invitare Berlusconi a non fare una campagna elettorale contro la Germania. L'ex premier spiega che non è questa la sua intenzione e non ci sta a vestire i panni dell'euroscettico. «La mia - spiega - è solo una considerazione scientifica: se la Bce non comincia a stampare moneta per abbassare il costo del denaro e ridurre gli squilibri tra gli Stati membri, il rischio è che nel giro di tre anni si senta la necessità di tornare alle monete nazionali per pagare meno il denaro». Questo, aggiunge, l'ex premier, «non lo dico io ma autorevoli economisti tanto che ho proposto al Ppe un gruppo di lavoro con dentro premi Nobel per verificare la tenuta dell'euro». Idea che però non pare aver convinto Junker.
Una giornata non facilissima per Berlusconi, anche perché si apre con l'ennesimo affondo del capogruppo del Ppe Daul. Berlusconi lascia intendere di dargli peso fino a un certo punto: «Nessuna sfiducia, qui mi hanno coccolato tutti». Ma che un pizzico di tensione ci sia lo si capisce da un dettaglio. Il capodelegazione del Pdl al Parlamento europeo Mauro si prende la briga di lasciare la seduta di Strasburgo per presentarsi a Bruxelles e cercare di chiarire con il Cavaliere. Le sue critiche degli ultimi giorni sono state dure e in molti gli attribuiscono un ruolo attivo nelle frizioni con il Ppe. Un viaggio però inutile, perché Mauro non entra al vertice (non essendo titolato a farlo) e non incontra nemmeno Berlusconi oltre a sbattere contro il grande gelo dei collaboratori più stretti dell'ex premier.
Mentre Monti incassa le lodi di tutti i vertici del Ppe e non solo, la strategia del Cavaliere è dunque quella di coinvolgerlo. Anche se via Twitter arriva immediata la replica di Maroni.
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