Roma - Complici i ballottaggi di domenica prossima, l'aria che si vive dentro Forza Italia è quella di una «tregua apparente». Una situazione cristallizzata, almeno per ora, destinata a resistere fino al prossimo comitato di presidenza. Tant'è vero che il vertice convocato a Palazzo Grazioli da Silvio Berlusconi viene derubricato dai suoi come una riunione di routine se non fosse che ha affrontato il tema delle riforme, sempre in cima all'agenda dell'ex capo del governo.
L'argomento, insieme alle tensioni azzurre, infatti, sono stati il filo conduttore di tutta la riunione a cui hanno preso parte, oltre ai capigruppo di Camera e Senato, anche Denis Verdini, Giovanni Toti e due coordinatori regionali: Domenico De Siano e Vincenzo Gibiino, responsabili della Campania e della Sicilia.
La scadenza dei termini a palazzo Madama per la presentazione degli emendamenti e l'intenzione del governo di procedere con il modello francese hanno contribuito a rendere l'ex premier ancor più di pessimo umore. Certo - spiegano da via del Plebiscito - la trattativa è solo all'inizio, però Renzi non può pensare di cambiare le carte in tavola. Ecco dunque l'idea di lanciare, se non si dovesse arrivare ad un'intesa, una grande mobilitazione per raccogliere le firme a favore dell'elezione diretta del capo dello Stato ma soprattutto per l'abolizione del Senato: la gente - è il ragionamento fatto all'ex premier - è dalla nostra parte perché si tratta di far passare il messaggio che Forza Italia è per tagliare gli sprechi. Insomma, da parte di Berlusconi, non c'è nessuna intenzione di accettare diktat dal Pd, anche se, allo stesso tempo, è stato messo in guardia dalle cosiddette colombe (che da giorni lavorano per trovare un compromesso con Raffaele Fitto) a non tirare troppo la corda con l'ex ministro. Il «capitolo» Fitto, infatti, si lega anche con il tema delle riforme e l'ipotesi, discussa nel corso del summit, di possibili ripercussioni sulla pattuglia di senatori azzurri: i parlamentari pugliesi che fanno capo a lui insieme ad altri malpancisti - sarebbe stato il ragionamento - potrebbero mettersi di traverso rispetto alla linea del partito e se noi ci dividiamo non toccheremo più palla sulle riforme.
Difficile però che con il parlamentare pugliese torni il sereno. I pontieri sono al lavoro perché si arrivi al comitato di presidenza senza documenti contrapposti ma solo con una relazione del Cavaliere in cui si parli di «rinnovamento» senza però entrare nel merito. Fitto impegnato in un tour a sostegno dei candidati al ballottaggio continua a ripetere ai suoi uomini di non voler fare passi indietro rispetto alle richieste. Sulle barricate però resta anche Silvio Berlusconi: non voglio sentir parlare di primarie - avrebbe ripetuto ancora oggi ai presenti - sono un argomento «morto». E ancora: «Raffaele ha deciso da solo di isolarsi e non vuole sentire ragioni».
Sul fronte riforme, invece, dal lungo vertice di Palazzo Grazioli arriva una doccia gelata all'ipotesi di modello francese avanzata dal governo. Per noi, spiega senza mezzi termini Paolo Romani facendosi portavoce delle posizioni dell'ex premier, è «inaccettabile». Peraltro, raccontano che da un po' di giorni Berlusconi stia mostrando sempre maggiore insofferenza verso il patto siglato al Nazareno, convinto che Renzi voglia «andare all'incasso mentre noi così continuiamo a perdere voti».
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