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Berlusconi e le feste "Solo gare di burlesque"

Smontato il teorema della Boccassini. Il commissario Giorgia Iafrate non indietreggia, ma rivela per la prima volta che anche a lei Ruby confessò di avere il vizio di spacciarsi in giro per parente di Mubarak. Il Cav a sopresa in Aula: "Questo processo è una sceneggiata" (guarda il video)

Berlusconi e le feste "Solo gare di burlesque"

"Avevo un po’ di tempo libero e sono venuto a vedere questo spreco di soldi pubblici": così Silvio Berlusconi spiega la sua apparizione a sorpresa, questa mattina, nell’aula del processo a suo carico per il "Rubygate". Bisogna dire che il buco vuoto nell’agenda dell’ex presidente del Consiglio è capitato a fagiolo: dopo mesi di udienze noiose e spesso inutili, per questa mattina erano in programma finalmente testimonianze importanti, e per alcuni aspetti decisive. Si parla del più grave dei due capi d’accusa contestati al Cavaliere: concussione (pena prevista fino a dodici anni) ai danni dei funzionari della questura di Milano che, nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, vennero convinti da una telefonata dell’allora capo del governo a rilasciare "Ruby", ovvero Kharima el Mahroug, la minorenne marocchina già ospite delle feste a casa di Berlusconi.

Come si arrivò al rilascio della procace ragazzina, scappata da poco da una comunità, ripudiata dalla famiglia, e sostanzialmente allo sbando? Sulla sedia dei testimoni, chiamati a rispondere a questa domanda, sfilano i poliziotti Pietro Ostuni e Giorgia Iafrate. Che sia una udienza importante lo testimonia anche la presenza in aula per la prima volta di Ilda Boccassini, procuratore aggiunto, già avversaria di Berlusconi in tanti processi, arrivata a dare man forte al pm Antonio Sangermano. Ma a sorpresa si materializza anche Berlusconi. E così la scena è questa: Ostuni e poi la Iafrate sulla sedia, incalzati dalle domande dei pm, e con lo sguardo di Berlusconi fisso addosso. In poltrona, seduto accanto ai suoi legali Nicolò Ghedini e Piero Longo, il Cavaliere non si perde una parola.

E quando, alla prima pausa, esce in corridoio e affronta il branco dei cronisti, ha l’aria più che soddisfatta. E ne ha ben donde: né Ostuni, capo di gabinetto della questura milanese, né la Iafrate, la giovane funzionaria che era di turno quella notte, hanno detto di avere ricevuto la minima pressione per rilasciare Ruby affidandola alla consigliera regionale Nicole Minetti. Ostuni ricorda di avere ricevuto la chiamata del premier, che segnalava la presenza in questura della ragazza, l’ipotesi che fosse parente del presidente egiziano Mubarak, e la possibilità di affidarla alla Minetti. Nient’altro. Quello che accade dopo, nel racconto di Ostuni, è figlio di quella telefonata: una segnalazione, una raccomandazione, ma senza traccia di pressioni aperte o implicite. E ancora peggio per la Procura va con la giovane e coriacea funzionaria Giorgia Iafrate.

Il duello che si apre in aula tra la Iafrate e Ilda Boccassini è uno spettacolo. Era da più di vent’anni, dai tempi della Duomo connection – e anche in quel caso protagonista fu una testimone donna – che non si vedeva in aula la Boccassini fronteggiata così aspramente. Giorgia Iafrate ribatte parola su parola, interrompe, replica. La pm non la prende bene, insiste, incalza. Ma la Iafrate non indietreggia. Rivela per la prima volta – e non è un passaggio irrilevante – che anche a lei Ruby confessò di avere il vizio di spacciarsi in giro per parente di Mubarak. Ma, e questo è il passaggio clou, dice chiaro e tondo che il rilascio della ragazza fu autorizzato dal pubblico ministero minorile di turno quella notte, con l’unica condizione che fosse "compiutamente identificata": "E noi sapevamo perfettamente chi era e da dove veniva". E ancora: "Tenere una minorenne nelle camere dei fermati è una estrema ratio. E io ho disposto che venisse affidata alla consigliera Minetti per tutelare sia lei che i miei agenti".

Sulla sua poltrona, Berlusconi sorride e si dà di gomito con i difensori. Ilda Boccassini, visibilmente irritata, chiede scusa al tribunale e va ad occuparsi di un’altra udienza. Berlusconi esce dall’aula e si lancia nel suo pezzo forte, il botta e risposta con i cronisti: "I travestimenti delle ragazze nelle feste di Arcore erano delle gare di burlesque. Io mi divertivo, lo ammetto.

E non ne sono pentito".

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