Berlusconi e l'ultimo miracolo

"Altro che morto, i morti sono loro". Il Cav pronto a parlare di riforme con Bersani e per il Quirinale spunta Letta

Berlusconi e l'ultimo miracolo

Roma - Sulle prime fa fatica a nascondere una certa sorpresa. I dati delle proiezioni, in effetti, sono oltre ogni più rosea previsione e nelle ripetute telefonate tra Arcore e il quarto piano di via dell'Umiltà la cautela regna sovrana. Ci va piano Denis Verdini che come al solito tiene i conti, ma pure Niccolò Ghedini - che è a Villa San Martino insieme al Cavaliere - insiste sull'essere più che prudenti. Un Silvio Berlusconi sì soddisfatto, ma pure un pizzico «svuotato» dopo una campagna elettorale in cui non si è risparmiato mai.
Il leader del Pdl, dunque, aspetta dati più concreti e si concede anche un po' di riposo prima del briefing telefonico delle sei del pomeriggio, quello in cui si prende atto che comunque andrà a finire «è stato un successo». Mi davano per morto - è il senso dei ragionamenti del Cavaliere - e alla fine i morti sono loro. Non fa nomi l'ex premier, ma è chiaro che pensa a Mario Monti, a un Pier Ferdinando Casini che con la sua Udc sta sotto la soglia del 2% e a un Gianfranco Fini che resta fuori dal Parlamento. È lui - ovviamente dopo Beppe Grillo - il vincitore politico di queste elezioni, nonostante il centrosinistra vinca di uno zero virgola alla Camera portandosi a casa anche il premio di maggioranza. Se fino a ieri, infatti, c'era chi immaginava un Berlusconi fuori dai giochi, da oggi non c'è dubbio che il Cavaliere torna a sedersi al tavolo di qualunque trattativa.
Berlusconi lo sa, ma siccome è uno che non si accontenta mai, arriva pure a dire che è «un peccato» che «il Paese non mi abbia capito fino in fondo e non mi abbia dato una maggioranza chiara come avrei voluto». Mi spiace, dice a più di un interlocutore, che «si sia troppo disperso il voto». Un Cavaliere che guarda già avanti, che teme un'intesa tra il Pd e Grillo sul modello Sicilia. «Alla fine - spiega in una delle sue tante telefonate della giornata - per fare l'inciucio in Sicilia sono bastate poche poltrone». I numeri del Senato, però, lasciano pensare che difficilmente potrebbe reggere una maggioranza Pd-Grillo. Troppo fragile, troppo risicata. «Anche volessero - dice il Cavaliere - non avrebbero numeri decenti». Più chiaro ancora Angelino Alfano quando incontra i giornalisti in via dell'Umiltà: «Abbiamo fatto una rimonta straordinaria».
Va avanti, intanto, lo spoglio della Camera. Con il centrosinistra che alla fine ce la fa di un soffio, ma con Alfano che invita il Viminale a non ufficializzare i dati e dichiarare il «too close to call». Il Cavaliere, però, da parte sua può ancora una volta dare le carte, soprattutto se Beppe Grillo - come sembra dalle sue parole di ieri sera - vuol restare fuori dai giochi. In un confronto con Pier Luigi Bersani, infatti, è chiaro che - almeno politicamente e al di là dei numeri - è il secondo quello che è uscito sconfitto dalle elezioni. Ed è proprio a Bersani che il leader del Pdl guarda per una possibile interlocuzione. Non parla di larghe intese Berlusconi, ma in privato dice d'essere contrario ad un ritorno al voto («sarebbe devastante») e disponibile a ragionare su un esecutivo che riscriva la Costituzione, a partire dalla legge elettorale.
Una trattativa, questa, che se si aprisse non potrebbe che coinvolgere anche le presidenze delle Camere e il Quirinale.

Sulle prime il Cavaliere non si fa illusioni, perché anche se pensasse di potersi «candidare» alla presidenza del Senato è chiaro che il Pd difficilmente potrebbe sostenerlo. Diverso, invece, il discorso per il Colle. E da oggi un nome che torna prepotentemente in scena è quello di Gianni Letta.

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