A via dell'Umiltà le riunioni si susseguono fino a tarda sera e i telefonini, salvo rarissime eccezioni, non fanno che squillare a vuoto. Circostanza, questa, che va a sbattere con un inaspettato ottimismo che arriva dalle file del Pd. Secondo alcuni big del Partito democratico, infatti, il faccia a faccia tra Alfano e Bersani non sarebbe andato malissimo ed anzi, dal segretario del Pdl sarebbero pure arrivate delle aperture. Indiscrezioni che insieme al silenzio che rimbalza dall'Umiltà rischiano di creare quasi un corto circuito.
La verità, infatti, sembra essere ben più sfumata. Con Berlusconi che ha inviato Alfano a trattare con un mandato chiaro: noi siamo disponibili ad appoggiare qualunque governo, purché ci sia la garanzia di un presidente della Repubblica che sia scelto da una rosa di nomi che presentiamo noi. Insomma, è il senso del ragionamento del Cavaliere, dopo quattro capi dello Stato «tutti di sinistra» è arrivato il momento «che anche la nostra area culturale del Paese sia rappresentata», fornendo peraltro una garanzia rispetto ad un eventuale governo Bersani quando già le presidenze di Camera e Senato sono andate al centrosinistra. Questa, insomma, sarebbe quella che nel Pd considerano un'apertura, quando invece non è altro che la conferma della linea tenuta da Berlusconi ormai da giorni. Con un dettaglio: visto che l'esecutivo si forma adesso e il presidente della Repubblica si vota dal 15 aprile, sul Colle sono necessarie rassicurazioni che non siano solo verbali. Insomma, un accordo scritto, nero su bianco.
Così, chi a tarda sera nel Pdl commenta l'ottimismo del Pd immagina che l'apertura arrivi da Largo del Nazareno. Che forse Bersani, visti i numeri impietosi del Senato, stia iniziando a ragionare. Non tanto sulla prima opzione datagli dal Cavaliere (un esecutivo Pd-Pdl-Scelta Civica con al Quirinale una personalità che venga dal centrodestra), quanto su un governo Bersani tout court. Con, ovviamente, l'accordo sul Quirinale, l'unica cosa che davvero sta a cuore a Berlusconi, sempre più convinto che l'assalto giudiziario riprenderà appena concluse le consultazioni. Questo, almeno, lasciano intendere dal Pd. Anche se lo stesso Alfano e gli altri presenti all'incontro sono piuttosto scettici sulla possibilità che si arrivi ad un accordo.
Finito il faccia a faccia a Montecitorio, il segretario del Pdl relazione direttamente il Cavaliere che è ad Arcore. E intanto le diplomazie continuano a lavorare, con Verdini, Letta (Gianni ed Enrico) e Migliavacca. Si prova, insomma, a trovare una quadra. Anche se i tempi sono strettissimi, 48 ore al massimo. Ma non è escluso, viene riferito a Berlusconi, che Bersani possa chiedere un supplemento, magari un altro giorno o due, per tentarle davvero tutte.
Anche se i termini dell'accordo, per Berlusconi, continuano ad avere un'unica pregiudiziale insormontabile: la scelta del successore di Napolitano deve spettare al Pdl e l'accordo deve essere certificato per iscritto. Poi, sul governo decida Bersani. Come pure non è discriminante la Convenzione che dovrebbe riscrivere la legge elettorale e mettere mano alle riforme. Sarebbe meglio che la presidenza andasse ad un esponente del centrodestra, ragiona il leader del Pdl, ma non è quello il punto di rottura e si può anche valutare una soluzione di compromesso.
Berlusconi, dunque, resta in attesa. Soprattutto di sentire cosa dirà oggi Bersani al termine del giro di consultazioni.
Anche se l'ex premier non nasconde il suo scetticismo, perché difficilmente il segretario del Pd accetterà un accordo dopo che fino a pochi giorni fa ripeteva senza sosta «mai con il Pdl». Un ragionamento condiviso anche dal resto della coalizione, Lega in testa.
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