Berlusconi non molla e scende in piazza

L'offensiva: prima parlerà alla manifestazione di Roma poi tornerà ad Arcore

Berlusconi non molla e scende in piazza

Roma - Piazza e tv per denunciare che siamo in una «democrazia dimezzata»; e fuori dalla maggioranza per non mischiarsi più al governo del «tassa e spendi». Sulla legge di Stabilità a nulla serve la telefonata del presidente della commissione Ue Barroso, estremo tentativo di far cambiare idea all'ex premier. È un Berlusconi amareggiato per la questione decadenza ma anche determinato ad affossare le larghe intese. Sul fronte decadenza, Berlusconi ripete: «I parlamentari che voteranno “sì” dovrebbero vergognarsi», dice di primo mattino a La Telefonata con Maurizio Belpietro. Quindi conferma che a dimettersi non ci pensa neppure perché «ho la fiducia di milioni di italiani che mi vedono leader del centrodestra». Glissa sul rischio del suo arresto: «Non so. So solo che nei miei confronti c'è un odio assoluto e totale da parte della magistratura che mi ha messo contro 57 processi in 2 anni e mi ha costretto a 2700 udienze». E dire che il processo per il quale il Cavaliere perde il suo status di parlamentare «è un processo farsa», denuncia. Poi Berlusconi, a Studio Aperto, mette il carico da novanta: «Quello che sta avvenendo è una ferita mortale alla nostra democrazia; che diventa così dimezzata». Quindi ecco il richiamo alla piazza: «Domani (oggi per chi legge, ndr) scendono in piazza tutti i cittadini consapevoli di quello che sta avvenendo che sono preoccupati, che non lo fanno per difendere me, ma che hanno a cuore il futuro del Paese e la nostra libertà. Credo che la manifestazione sia assolutamente legittima e pacifica e sia solo l'inizio...». L'inizio è previsto per oggi pomeriggio intorno alle 16.00. Attese sotto palazzo Grazioli decine di migliaia di persone anche se è difficile fare un conto preciso delle presenze. Sono previsti treni e pullman da tutt'Italia. La parte del leone la farà la Puglia (70 torpedoni) ma anche la Lombardia (almeno 20) e il Lazio. Berlusconi parlerà al suo popolo anche se qualcuno al partito preme affinché ci sia una maratona oratoria dei parlamentari azzurri. Probabile, invece, che parli solo il Cavaliere.

Il quale non ci sta a piegare la testa e uscire dal Parlamento con ignominia. Lo dirà in piazza. Quindi tornerà ad Arcore, saltando il previsto appuntamento con Porta a Porta: «Ci ha fatto sapere – dice Vespa –che pressioni familiari lo hanno indotto a tornare ad Arcore dopo il comizio». «Venite al partito dove le mie porte sono aperte a tutti», dice dopo essere stato accolto da un lungo applauso. La riunione, nata per valutare la legge di Stabilità e l'appoggio al governo delle larghe intese, ha un esito scontato. Il provvedimento non piace a nessuno degli azzurri. Il Cavaliere condivide, a differenza degli scissionisti. Ai quali non risparmia una graffiata: «Si ha un bel vantaggio ad essere di meno - scherza coi suoi -, almeno ora sono tutti simpatici, prima non si poteva dire la stessa cosa...». E ancora: «Questa è la legge di Stabilità; sì ma delle poltrone...». Chiaro riferimento ai ministeriali, pronti a sostenere l'esecutivo senza se e senza ma. Berlusconi si gode l'abbraccio dei fedelissimi e quasi li catechizza: «È in atto una gara di velocità tra le Procure di Napoli e Milano a chi mi agguanta prima - ammette ai parlamentari -. Io non ho paura ma tutti voi dovete essere missionari di libertà sui vostri territori per allargare il consenso a Forza Italia». Applausi. Scontato che ormai le larghe intese sono naufragate. Nonostante Barroso.

«Berlusconi non ha cambiato di una virgola il suo atteggiamento dopo la chiamata di Bruxelles». Poi Berlusconi vola ad Arcore per una cena con i figli. Un abbraccio alla famiglia prima di ritornare oggi a Roma e ributtarsi in quella che si preannuncia una vera e propria arena.

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