«Io non voglio rompere, dobbiamo stare uniti», ripete un Berlusconi che però la rottura la mette in conto eccome. Ma ora non dipende da lui. Ha dettato le sue condizioni ed è Angelino a dover decidere in un drammatico «O con lui o contro di lui». E Alfano tentenna. Il Cavaliere gliel'ha detto grosso modo così: affrancati dai tuoi falchi, lascia chi mi vede o mi vuole già morto, torna a casa. Berlusconi, mentre considera ministri, i Formigoni, i Giovanardi e schegge di Pdl quasi ostili, lavora per riportare nell'ovile il suo figlioccio: «Non possiamo dividerci», ripete sia al vicepremier sia ai lealisti.
Il Cavaliere fotografa la situazione sui numeri che dovrebbero emergere al Consiglio nazionale: dal 75 all'80% del partito è con lui. Gli altri stanno con Alfano. I quali, in Senato, oggi hanno un peso specifico maggiore, potendo creare una stampella al governo come poteva accadere il 2 ottobre. Tra i 90 senatori, gli alfaniani sono una ventina. Di questi, 10 sono falchi e quasi avversari del Cavaliere visto che, col voto segreto, sarebbero pure disposti a impallinarlo votando sì alla decadenza. Altri quindici vivono una vera e propria crisi di coscienza e non sanno con chi stare. Occorre agire. E Berlusconi agisce, accelera, decide. E stravolge l'agenda, consigliato da Raffaele Fitto, Saverio Romano, Mariastella Gelmini, Mara Carfagna (le ex ministre in visita a Grazioli proprio ieri, ndr), cui si aggiunge Paolo Romani. Nel disegno dei governisti, la scaletta doveva essere la seguente: via libera alla legge di Stabilità così da blindare il governo; voto sulla decadenza con relativo più o meno ipocrita grido di dolore; Consiglio nazionale con un Berlusconi già decaduto e ai margini della vita politica del Paese. Invece, dando ascolto ai lealisti, Berlusconi spariglia e inverte l'ordine dello schema: Consiglio nazionale subito per avere un mandato forte dal partito; legge di Stabilità, fissando paletti rigidi sul fronte tasse; partita (che Berlusconi dà già per persa) sulla decadenza. È un Berlusconi che non molla e non vuole mollare sul fisco: «O si cambia la legge di stabilità o non la votiamo», ripete anche ad Alfano. E tira aria di crisi. Basta una decina di giorni per capire se in commissione ci sono margini di manovra sul provvedimento. Se sarà sbarramento, Letta rischia. Premier e vicepremier sono avvisati.
Ed è proprio per questa eventualità che il Cavaliere di fatto apre una sorta di campagna elettorale e catechizza i suoi: «Datevi da fare sul territorio; aprite i club, facciamoci sentire; date voce al movimento; infondete entusiasmo per la nuova Forza Italia». Vuole «movimentismo e passione», alla ricerca dello spirito del '94 per una «nuova battaglia antitasse». Insomma, Berlusconi è pronto all'ennesimo duello elettorale. Tanto pronto che, voci che non trovano conferme, danno il Cavaliere già in contatto con i direttori di testate giornalistiche e televisive per far sentire la propria voce. In arrivo un'altra maratona tv?
Per ora nulla è deciso. Si vedrà. Anche perché, se tutto dovesse precipitare - o sulla decadenza o sulla legge di Stabilità - non è affatto scontato che il Colle sciolga le Camere. In quel caso, la battaglia continuerebbe. I lealisti gliel'hanno detto chiaro: «Non ti molliamo per coerenza e lealtà.
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