Proprio non si tiene Berlusconi. La notizia dell'accelerazione della Cassazione arriva come un fulmine a ciel sereno e al Cavaliere serve qualche minuto per prenderne coscienza. Il tempo di sentire Ghedini che perde letteralmente le staffe e vedere uno solitamente cauto e prudente come Coppi che non nasconde il proprio disappunto neanche pubblicamente. La situazione è critica, non tanto perché il 30 luglio è ormai alle porte, quanto perché l'improvvisa velocizzazione fa saltare lo schema su cui puntava la difesa, convinta che il processo sui diritti tv Mediaset sarebbe finito alla Terza o alla Sesta sezione della Cassazione, considerate tutte e due «non ostili» visto che sul Cavaliere si sono già pronunciate favorevolmente. La patata bollente finirà invece alla sezione feriale, con la sentenza attesa per il 30 del mese, al più tardi il giorno successivo. Una decisione che potrebbe sancire l'interdizione dai pubblici uffici del leader del Pdl.
Così, quando nel primo pomeriggio Berlusconi arriva a Roma riunisce a Palazzo Grazioli i collaboratori più stretti. Sul tavolo ci sono tutte le opzioni, da quella di ritirare i ministri dalla compagine governativa a quella delle dimissioni in massa di deputati e senatori del Pdl. Nonostante l'umore nero e la convinzione che la procura di Milano non si darà pace finché non avrà «la sua piazzale Loreto», Berlusconi preferisce però seguire la via della cautela. Nessun attacco al governo, spiega l'ex premier, visto che anche Letta «come me è vittima» di questa «giustizia sommaria» che «vorrebbe il golpe». Per il Cavaliere «il copione è lo stesso del '94», con i giornali che «tirano la volata ai magistrati» e con «l'obiettivo di sempre»: vogliono «farmi fuori» e «provano a farmi fare la fine di Craxi ma resteranno delusi».
Uno sfogo amaro quello che fa in privato un Berlusconi che resta però lucido al punto di frenare i cosiddetti falchi che ipotizzano di far saltare subito il banco. Non adesso, li stoppa l'ex premier. Un segnale, però, va dato: si comincerà con il bloccare i lavori di Camera e Senato, una sorta di paralisi pacifica, quasi un Aventino. Magari già da oggi. «Poi nei prossimi giorni decideremo se trasformare questo blocco in una sorta di assemblea permanente in stile radicale», spiega uno dei presenti al vertice di Palazzo Grazioli. E sul tavolo resta sempre l'ipotesi di una grande manifestazione di piazza.
Al momento, dunque, la linea è quella di continuare a puntare il dito contro la magistratura ma senza mettere in discussione un governo che Berlusconi considera anch'esso vittima del «golpe delle procure». Aventino a Camera e Senato, dunque. E nei prossimi giorni si vedrà il da farsi. È anche per questo che alla fine l'ex premier decide di disertare la riunione del gruppo parlamentare della Camera (e dovrebbe fare lo stesso oggi con i senatori), perché ogni sua parola pubblica non potrebbe che essere presa come un atto di guerra.
Certo, tra le mura di Palazzo Grazioli non ci gira molto intorno. «Tenetevi pronti a tutto», dice ai presenti che si schierano compatti con lui.
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