In Forza Italia è braccio di ferro continuo e Berlusconi non ci sta. Quindi, assieme a Paolo Bonaiuti, detta una nota per gettare acqua sul fuoco che incendia il partito: «Sulle agenzie di stampa leggo troppe dichiarazioni di troppi esponenti del Pdl. E invito tutti a non proseguire in questa direzione del tutto improduttiva - dice in un comunicato -. Le diverse opinioni si debbono confrontare non sulle agenzie di stampa e sui giornali ma attraverso una serena dialettica all'interno dei luoghi delegati del nostro movimento». Immediate le repliche di Alfano e Fitto: «Siamo pienamente d'accordo con il presidente», dicono all'unisono i due principali contendenti nel Pdl-Forza Italia.
La verità è che il Cavaliere guarda i bisticci quotidiani con fastidio ma nello stesso tempo non scioglie - e non vuole sciogliere - i tanti nodi emersi. Un po' perché non vuole esporsi troppo e accelerare ciò che, forse, è già scritto. Troppo evidenti le distanze tra i due schieramenti contrapposti; troppo tesi i nervi che attraversano il corpaccione del suo partito e, scegliendo una fazione piuttosto che un'altra potrebbe provocare uno tsunami. Certo, il Cavaliere vorrebbe tutti uniti, solidali, leali fino alla fine ma sa che non è così. In molti nel partito lo danno per spacciato, superato, sconfitto definitivamente. In più si rende conto di essere strattonato da più parti in un gioco che potrebbe essere fatale al centrodestra. Tra alfanidi e lealisti la frattura c'è ed è profonda, inutile nasconderlo. Se però lo strappo dovesse consumarsi in una separazione ufficiale, fosse anche consensuale, per i moderati sarebbe la fine. Ecco perché il Cavaliere evita di prendere decisioni definitive sul partito. Così se ne sta ad Arcore, tra il disinteressato e l'infastidito dalla battaglia in atto nel Pdl. A chi lo sente ripete: «I panni sporchi si lavano in famiglia, non sulle agenzie di stampa».
Personalmente vive il periodo più drammatico della sua vita. La sabbia della clessidra che misura il tempo della sua definitiva decadenza da senatore corre inesorabile. Il voto dell'Aula dovrebbe arrivare i primi di novembre e all'orizzonte non c'è alcun segnale positivo. Esito scontato: sarà espulsione dal Parlamento con relativa perdita di ogni scudo di fronte alle future scorribande dei pm che lo vogliono distruggere definitivamente. E poi c'è l'umiliazione dei servizi sociali. Un iter lungo che dovrebbe terminare nella primavera-estate dell'anno prossimo. Ma non è tanto la più o meno durezza dell'affidamento in prova a preoccuparlo; quanto l'onta di ammettere di dover essere rieducato per via di una condanna che il Cavaliere considera assurda. E saranno sempre dei magistrati, poi, a valutare se il soggetto può dirsi reinserito o meno nella società. «Con tutta la beneficenza che ho fatto nella mia vita... E sempre in silenzio, per di più...», s'è di recente sfogato con un parlamentare.
Mentre Berlusconi è tormentato per il suo futuro, le due anime del partito si fronteggiano senza retrocedere.
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