RomaNon è la concorrenza incalzante di Matteo Renzi, e neppure l'ultimatum di Nichi Vendola («O me o Casini»). No: in cima alla lista delle preoccupazioni dell'aspirante candidato premier Bersani, in questi giorni, c'è solo la legge elettorale. Anzi, il premio di maggioranza previsto dall'attuale legge elettorale.
Lo diceva chiaro la prima pagina dell'Unità di ieri («No alla legge trappola, così nessuno vince») e lo ripete con ancor maggiore chiarezza lo stesso segretario del Pd nella video-intervista di ieri a La Stampa: chi vuole «una legge elettorale da cui escano tutti partiti nanerottoli, in modo che così la politica non dia risposte e venga fuori il Monti bis» è «fuori come un balcone». Bersani adotta uno slang giovanilista e un po' coatto per avvertire che il Pd ha fiutato il pericolo ed è pronto a combatterlo, ed è un avvertimento diretto intanto al Pdl (e all'Udc) che già oggi in commissione al Senato potrebbero votare un emendamento che introduce una soglia intorno al 40% di consensi per la coalizione che vuole accedere al premio di maggioranza e arrivare, in base al Porcellum, al 55% dei posti in Parlamento. Ma in seconda battuta l'avviso ai naviganti è diretto anche ai tifosi del Monti bis dentro il suo partito, e pure al premier e allo stesso Quirinale, perché nei Palazzi l'ipotesi di un decreto del governo per introdurre la soglia (rispondendo ai rilievi della Consulta sull'attuale meccanismo del premio) è tutt'altro che tramontata, se i partiti faranno definitivamente cilecca sulla riforma del Porcellum.
Bersani tuona contro chi vuole «la palude», in cui nessuno vince e che ridurrebbe l'Italia come la Grecia: «Dalla palude non viene fuori il Monti bis, ma solo la palude. Si tornerebbe a votare dopo sei mesi e sarebbe un rischio mortale per il paese». Dalle urne del 2013 deve emergere un partito «che sia l'azionista di riferimento» di una possibile maggioranza, e che dunque deve poter contare «su un premio decente, del 12,5%». Se poi si vuole introdurre una soglia, il Pd non vuole che vada oltre il 35% (ossia i voti che possono sperare di cumulare in alleanza con Sel). Sono ben lontani i tempi della famosa «legge truffa» contro cui il Pci era pronto alla guerra civile, perché si voleva attribuire un premio del 15% a chi nelle urne avesse raccolto il 50% dei voti.
È questa dunque la priorità, per il leader Pd, che oggi a Montecitorio riunirà i suoi per studiare le mosse sulla legge elettorale: sventare i piani di chi punta a «svuotare» una vittoria di cui si sente certo, e ad impedirgli di governare. Che è quel che vuole fare da grande.
Che vinca o perda le primarie, la sua stagione da segretario «finirà lì», ribadisce ancora una volta: «Non mi ricandiderò segretario nel 2013. Credo che al prossimo congresso debba girare la ruota», dice, e sui social network si apre subito il gioco del toto-nomi: Franceschini? «Più probabile che concorra al premio Strega», scherza Antonello Giacomelli. Renzi? «Non ci pensa neppure», tagliano corto i suoi. Un giovane, dicono i bersaniani. Ma c'è tempo. Intanto Vendola rilancia il suo veto anti-Udc («Il Pd decida se sta con me o con loro»), e Bersani smussa la polemica, spiegando che sarà suo compito «convincere» Vendola («Ma è già convinto») che con il centro bisognerà allearsi a meno di non voler fare «regali» alla destra. Gli scarti del leader di Sel non lo preoccupano, il segretario Pd sa bene che sono funzionali alla campagna vendoliana per le primarie, piuttosto in salita. Gli ultimi sondaggi danno Bersani in testa, con Renzi sempre alle costole.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.