Roma - Prima affermazione: «Il candidato premier» della coalizione «tocca a noi». E poi: se me lo chiedono non mi tiro indietro. Insomma la strada della leadership del centrosinistra sarà pure un percorso ad ostacoli, tra insidie vecchie (Federazione della sinistra e Sel) e nuove di zecca (la concorrenza dei grillini), ma l’esito è scontato. Almeno nei desideri del segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Dopo le amministrative e il voto francese il leader democratico ha cambiato marcia e questo è stato subito chiaro, almeno per quanto riguarda i rapporti con Monti.
Bacchettate all’esecutivo anche ieri. «Noi siamo leali verso il governo - assicura il leader Pd - ma chiediamo che ci si ascolti. Abbiamo chiesto provvedimenti ed equità per le imprese e francamente non capisco questi ritardi». Critiche al ministro del Welfare Elsa Fornero sugli esodati e, nei giorni, scorsi al premier Monti al quale ha di fatto chiesto di contrattare con maggiore convinzione con l’Europa politiche per la crescita.
Ma il leader del primo partito della sinistra ora sembra intenzionato a mettere le cose a posto anche dentro la coalizione, in vista delle elezioni. Prima, appunto, un’intervista a Repubblica dove Bersani parla della scelta del leader e dell’eventualità di concederla a un moderato. Ad esempio Pier Ferdinando Casini. «Il dato che si ricava da queste elezioni è che tocca al Pd. Saremo noi a proporre un nome, non per metterci al comando, ma per rendere un servizio e guidare questa fase. Il guidatore lo dobbiamo scegliere noi».
Più tardi, la conferma che la scelta potrebbe cadere proprio su di lui. «Penso che si lavora in collettivo, che le leadership sono pro-tempore, che devono essere scelte, non si scelgono da sole: questa è la mia idea, senza tirarmi indietro. Sono disponibile solo in questa logica», ha detto a Piazza pulita. Un’autocandidatura un po’ democristiana, comunque chiarissima.
Resta il nodo degli alleati. E per il Pd, che è al centro dell’alleanza, scioglierlo significa fare convivere la foto di Vasto, cioè l’alleanza con Italia dei valori e Sinistra e libertà con i centristi dell’Udc, che Bersani non vuole regalare al centrodestra. Con l’Unione, ricorda Bersani, le alleanze, nel 2006, «erano 8-9 forse, ora sarebbero 2 o 3» e poi allora «non c’era il Pd». Oggi «se pensassi di presentare un pastrocchio mi riposerei», ha assicurato.
Il fatto è che il pasticcio rischia di crearsi proprio per la sua candidatura, come dimostra il messaggio lanciato ieri da Nichi Vendola. «Il Pd - avverte il leader di Sel e governatore della Puglia - si dia una mossa: c’è il centrosinistra? Allora diciamolo, e diciamo cosa è il centrosinistra. Il nostro programma è come quello di Hollande in Francia? Se è così sono pronto a sottoscriverlo. Se invece il nostro programma agli italiani è un ibrido incomprensibile, ambiguo ed opaco, diciamolo. Perché se sarà così io non ci starò. Non so se è chiaro».
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