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L’allarme dell’editoria: senza regole sulle Big Tech rischiamo il blackout dell’informazione

Alberto Barachini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'informazione e all'editoria, ha assicurato: "Difendiamo editoria tradizionale"

L’allarme dell’editoria: senza regole sulle Big Tech rischiamo il blackout dell’informazione

"Le forze di governo, il Parlamento, le istituzioni locali se non si vogliono ritrovare con un black out dell'informazione devono rendersi conto che la situazione va affrontata una volta per tutte". È questo il grido d'aiuto lanciato dal presidente della Fieg Andrea Riffeser Monti nel corso del convegno "Lo strapotere delle Big-Tech. Editori responsabili e giganti sregolati", promosso dal capogruppo di Forza Italia in Senato, Maurizio Gasparri.

"Noi chiediamo che si faccia una legge di sistema per risolvere gli innumerevoli problemi", ha detto Riffeser Monti che ha più volte ribadito la necessità di avere una norma "che affronti la questione degli Ott ma anche che affronti il nodo dell'informazione certificata, garantita, con giornalisti iscritti all'albo". Il presidente della Fieg h ricordato che vent'anni fa i quotidiani avevano più di 20 milioni al giorno, mentre oggi "tra copie vendute e utenti unici ne contiamo 33,9 milioni". Ma, a fronte di un incremento dell'informazione del 60%, c'è stato un calo del 50% della pubblicità per l'editoria tradizionale. "Bisogna quindi peggiorare la qualità dei giornali, ridurre gli stipendi e la foliazione, ridurre insomma l'informazione fatta dai giornalisti che vivono sul territorio, la necessaria cerniera a livello locale, nazionale ed internazionale", ha ammonito Riffeser Monti che, infine, ha posto il problema del 'Far West' di internet dove "non si riesce a sapere se una notizia è vera o è falsa". "Bisogna essere riconosciuti sul mercato ed essere responsabili di quello che si scrive, perché la libertà non è anarchia ma rispetto per il prossimo", ha sentenziato il presidente Fieg.

Al convegno è intervenuta anche Gina Nieri, direttore Divisioni Affari Istituzionali, legali e analisi strategiche di Mediaset, che ha spiegto: "C'è uno spartiacque tra chi si prende la responsabilità della delicatezza delle informazioni che diffonde e chi, invece, ha fatto una cavalcata economica e di potere saccheggiando per dieci anni contenuti non pagati". Secondo Nieri, "questo è un macigno competitivo". E ancora: "La nostra informazione, quella della televisione, della radio, dei media tradizionali, è un ambiente sicuro, perché fatto da persone responsabili, professionali, che hanno la capacità di leggere le fonti, hanno a riguardo la verità e lavorano con trasparenza".

Alberto Barachini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'informazione e all'editoria, ha tranquillizzato il settore confermando l'interesse del governo a "difendere il sistema nazionale, il sistema europeo, la narrazione di un Paese è fondamentale". E su questo "l'Europa deve stare insieme" e affrontare i problemi dell'editoria tradizionale che si sente schiacciate dalle big-tech. "I cittadini devono informarsi, formare la propria coscienza democratica e partecipare anche alla vita democratica", ha aggiunto Barachini, preoccupato del fatto che un disinteresse dei cittadini verso l'informazione porti anche a un disinteresse della partecipazione alla vita democratica.

Le Big Tech, infatti, sono degli editori a tutti gli effetti, ma non hanno "le stesse responsabilità e le stesse condizioni di editori nazionali che fanno fatica". Secondo Barachini, dunque, è doveroso "sostenere il sistema dell'editoria tradizionale, l'editoria professionale, l'editoria nazionale italiana, a fronte di un sistema internazionale che ha grande potere in questo momento, non soltanto un potere distributivo, ma un potere anche di incidere nella selezione delle notizie che arrivano ai cittadini". Ed è per questo che è necessario "rendere ancora più solido il sistema del contributo pubblico e anche far partecipare i grandi player internazionali al sostegno dell'editoria tradizionale", ha concluso il sottosegretario all'editoria.

Il 'padrone di casa' Maurizio Gasparri, dal canto suo, ha ricorda la sua riforma del sistema radiotelevisivo del 2004 con cui si introdusse il SIC, il Sistema Integrato delle Comunicazioni che comprendeva stampa, tivù, internet, cinema e pubblicità, anticipando di tre anni quel che sarebbe successo con la nascita di un mezzo multimediale come l'iPhone. "Oggi, nell’era in cui chiunque accede a qualunque contenuto dal proprio smartphone, attendo ancora le scuse di chi scrisse pagine di falsità su quella riforma", ha detto. Gasparri, poi, ha ribadito la necessità di una normativa transnazionale "perché il tema dei giganti del web riguarda la democrazia globale, non soltanto quella italiana. Per questo" e perciò "più che una legge nazionale, servirebbe una legge internazionale”.

Insomma, secondo l'esponente forzista, ci si deve opporre al saccheggio dei giganti della rete che rubano i contenuti tradizionali e "poi pagano l'1 o il 2% di tasse". Gasparri ha, infine, ricordato l'annuncio di Marina Berlusconi sulla pubblicazione di tre volumi della Silvio Berlusconi Editore proprio sui rischi e benefici della rivoluzione tecnologica in questo settore.

"Questi tre volumi ci fanno pensare ad una dimensione liberale, cioè quella di una competizione alla pari: non ci può essere chi viene spremuto e chi invece è ricco, potente e non paga tasse. Questo va contro una sana concorrenza. Ben venga, quindi, il progresso ma no all'iniquità del saccheggio digitale a beneficio dei giganti" del web", ha concluso l'esponente azzurro.

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