La Bindi vuol farci pagare gli esuberi Pd

Emendamento democratico per estendere cassa integrazione e contributi pubblici ai dipendenti di partito licenziati

La Bindi vuol farci pagare gli esuberi Pd

Roma - Dipendenti di partito come tute blu di aziende in crisi. Destinatari privilegiati di una delle pochissime forme di ammortizzatore sociale del welfare italiano, generalmente avaro di tutele nei confronti di chi lavora. Nelle pagine sindacali ci dovremmo abituare a leggere, accanto a notizie di aziende che ristrutturano, cronache di contratti di solidarietà nel partito «x» o «y» o cassa integrazione per i dipendenti in esubero di una federazione locale di un movimento a corto di voti e quindi di soldi. Orario ridotto per quadri e funzionari e relativo contributo pubblico per compensare il taglio di stipendio.

A prevederlo è un emendamento presentato dal Pd al disegno di legge del governo sul finanziamento dei partiti, scovato ieri dall'agenzia stampa Public Policy in commissione Affari costituzionali della Camera. La formulazione è un po' vaga. Prevede che dal gennaio 2014 si estenda ai dipendenti dei partiti «le disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale e i relativi obblighi contributivi, nonché la disciplina in materia di contratti di solidarietà». Il riferimento è alla legge 863 del 1984, che regola i contratti di solidarietà. Ma l'intenzione del Pd sarebbe quella estendere ai dipendenti dei partiti anche la cassa integrazione straordinaria e i relativi obblighi contributivi che comportano gli ammortizzatori sociali.

Una proposta fotocopia fu presentata, sempre dal Pd, nei mesi scorsi. Nell'ultima versione cambia solo la copertura che da 18 milioni passa a 15 milioni all'anno, sempre a decorrere dal 2014. Tutti da finanziare con i risparmi che deriveranno dall'adozione del nuovo regime di finanziamento dei partiti: meno soldi pubblici, più donazioni private.

In sostanza, i tagli alla politica chiesti a gran voce da tutti gli italiani, rientreranno in parte sotto forma di sussidio per accompagnare le inevitabili ristrutturazioni dei partiti, in crisi di voti e vocazioni alla sottoscrizione. Un circuito vizioso interrotto con soldi pubblici.

Verrebbe da pensare a un'operazione «renziana» per rottamare, oltre ai politici, un po' di struttura burocratica del Pd che di sicuro non vede di buon occhio il sindaco di Firenze. Ma i firmatari più importanti riportati nell'emendamento (che ieri circolava in commissione ancora sotto forma di bozza) sono tutti di fede ortodossa. Spiccano i nomi di Rosy Bindi e del candidato segretario Gianni Cuperlo.

Lo spettro degli esuberi per il Pd non è nuovo. Il Partito democratico, a livello centrale, spende per il personale circa 12 milioni all'anno. L'anno scorso il partito ha bloccato gli straordinari e ha favorito «la ricollocazione esterna di parte dei dipendenti e collaboratori in organico al Pd nazionale», come ha spiegato il tesoriere Antonio Misiani nella relazione al rendiconto 2012. Nello stesso documento l'uomo dei conti Pd assicura: «I lavoratori non sono una variabile neutra: sono un capitale indispensabile per un'organizzazione come la nostra. Ho già detto pubblicamente – e lo ribadisco in questa sede, al di là dei titoli più o meno fantasiosi delle agenzie e dei giornali – che non abbiamo alcuna intenzione di assumere iniziative unilaterali per quanto riguarda il personale». Poi però ammette, «valuteremo e decideremo insieme ai lavoratori e ai loro rappresentanti, in un tavolo di lavoro, quali strumenti sia opportuno utilizzare per dimensionare la nostra struttura in rapporto al nuovo modello di finanziamento».

Se poi, proprio nella nuova legge sul finanziamento dovessero spuntare cassa integrazione e contratti di solidarietà, la strada sarà segnata per i dipendenti del Pd centrale (nei mesi scorsi si era parlato di 180 esuberi), ma anche per quelli delle federazioni locali, visto che l'emendamento prevede esplicitamente che anche loro possano accedere alle integrazioni di stipendio in caso di ristrutturazioni.

Altra materia infiammabile per un ddl che non ha vita facile, tra stop e tentativi dilatori che sanno tanto di autotutela dei politici, unica categoria (oltre alla magistratura) che si ritrova a svolgere due parti in commedia. Quella del controllato e quella del controllore.

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